Rubriche/di Luigi Mangia

Nel calendario delle giornate dedicate alle ricorrenze c’è il 9 maggio, il giorno in cui fu trovato in Via Gaetani, a Roma, il cadavere di Aldo Moro nella famosa Renault rossa, a Cinisi in Sicilia, lungo i binari, quello di Peppino Impastato dilaniato da una bomba di mafia.

Il 9 maggio è stato scelto come Giornata della Memoria, perché la morte del salentino Aldo Moro cambiò la storia del nostro Paese portando la fine della stagione del ’68 italiano. Arriva a questa conclusione lo studioso Giovanni Bianconi nel suo libro “Il terrorismo italiano” pubblicato da Treccani. Per argomentare questa tesi Giovanni Biancone si serve delle interviste del terrorista Cesare Battisti, il quale davanti ai magistrati, illustra il progetto politico dei terroristi e riconosce le sue responsabilità.

Il delitto di Aldo Moro è un delitto ancora vivo e sentito nel dolore perché pesa sui figli e sulla famiglia e pesano ancora le morti della mafia perché ci sono orfani e donne vedove che aspettano la giustizia e conoscere la verità. Il delitto di Aldo Moro è una pagina incompleta nella storia. Le diverse inchieste, infatti, documentano il ruolo dei servizi deviati che hanno ostacolato la ricerca della verità della morte dello statista.

Marco Alessandrini, sindaco di Pescara, figlio di Emilio Alessandrini, morto per le mani dei terroristi raccomanda lo studio per non perdere la memoria delle stragi, nel suo intervento del quotidiano La Stampa. Aldo Moro è stato uno statista che aveva un chiaro disegno politico dell’Italia nella stagione delle riforme. Aldo Moro ebbe anche una visione politica dell’Europa. Nel ruolo di Presidente del Consiglio fu protagonista, infatti, della Convenzione di Helsinki del 1975 dove delineò per l’Europa, il federalismo “pragmatico” fra gli Stati, oggi ripreso dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi il quale, più di tutti, ha capito che è il momento che bisogna superare il principio dell’unanimità fra gli Stati che blocca l’Europa.

Ho conosciuto e ho condiviso impegno politico e sociale con Agnese e Giovanni, figli di Aldo Moro, partecipando con loro alla nascita del movimento federativo di cittadinanza attiva. Il progetto, per me, più vicino alla mia sensibilità fu quello di progettare il tribunale dei diritti del malato nell’ospedale. Lo statuto del tribunale dei diritti del malato fu il documento più significativo che garantiva e tutelava il diritto della salute, così come veniva declinato dalla Riforma Sanitaria del 1978 la cui filosofia era quella di riconoscere la salute come diritto universale.