Sono sufficienti 56 voti per essere il candidato “Presidente del Consiglio”
Io non so che sarà, so quello che è ora e quello che ora è, è che a OSTIA ha vinto il MOVIMENTO 5 stelle. E’ così tanta la rabbia, oserei dire l’odio, della gente verso i partiti tradizionali, hanno così tanto stancato? Sembra proprio di si.
Ma il problema non è il fatto che hanno vinto, il problema è il fatto che hanno vinto “nonostante tutto”. Nonostante beghe interne a non finire, espulsioni, malgoverno nelle città governate da loro. Un fenomeno a tratti paranormale, un movimento che ha dimostrato un dilettantismo disarmante, diviso tra gossip e denunce pubbliche, dimissioni e sostituzioni da far girare la testa. Avvisi di garanzia e iscrizione nel registro degli indagati, già loro cavalli di battaglia quando diretti ad altri, inadeguatezza allarmante e il tutto in un mix che avrebbe steso chiunque, qualunque partito. Loro hanno vinto. La città più bella del mondo, ROMA, ridotta soprattutto per colpa di altri a un cumulo di macerie, che tarda a rialzarsi o forse non riuscirà mai più a rialzarsi.
Una periferia abbandonata e trascurata, malandata e sporca, circondata da campi ROM dove vivono nella illegalità, dove “sicurezza” è una parola senza senso.
E per giunta, la forza politica che avrebbe dovuto competere con loro, il PD, si è sgretolata, quasi polverizzata. Crescere e vincere senza dimostrare nulla, senza aver dimostrato nulla, o aver dimostrato solo incapacità e approssimazione è follia pura. Sono e sarò contrario sempre, a inciuci tra partiti obbligati a mettersi insieme solo per sbarrare la strada in caso di vittoria, al M5S. Chi vince deve governare ed io muoio dal desiderio di veder fare finalmente il “leader”a quello che a me sembra uno studente universitario fuori corso, che ha ottenuto la candidatura alla “presidenza del consiglio” con un suffragio popolare pari a 56 voti ottenuti alle amministrative del suo paese. 56 voti che lo hanno inspiegabilmente catapultato ai vertici del movimento.
Forse perché quei 56 voti rappresentano tutta la sua debolezza.