Rubriche/ PensieriParole/ di Piero D’Errico
Galatina – Quando quello della concessionaria mi telefonò per avvertirmi che la macchina era “arrivata”, feci salti di gioia, chiusi il telefono che ancora mi parlava, e non persi un attimo.
Un quarto d’ora dopo ero già lì, davanti a quella che era la mia macchina ad ammirarla di fuori e di dentro.
Non vedevo l’ora di girare le chiavi e partire. Avrei fatto un giro intorno alla villa, finestrino abbassato e gomito poggiato, piano piano, per farmi vedere, per farmi guardare, per farlo sapere.
Non avevo mai avuto una macchina “nuova” quella era la prima.
Era una FIAT TIPO 1300, con alza cristalli elettrici che allora era tecnologia avanzata, non era cosa da niente.
Color: bianco, 5 porte, bellissima. Era la moda del momento ed anch’io mi sentivo alla moda.
Per comprarla avevo firmato una montagna di cambiali ma era l’unico modo per poterla avere.
Aggiustai per bene il sedile, lo specchietto retrovisore e quello laterale.
Uscii dal cancello di quella concessionaria, dopo aver dato la precedenza a destra e sinistra a chi era ancora un puntino all’orizzonte.
Piano piano vinsi l’emozione, diventai sempre più sicuro e più naturale.
Ero abituato ad una vita movimentata, non mi facevo mancare nulla delle piccole cose che mi potevo permettere.
Però la macchina nuova cominciava a condizionarmi la vita.
Una costante preoccupazione che qualcuno la ammaccasse, uscendo o entrando dal parcheggio, mi faceva prendere tutte le misure e anche le contromisure .
Non bastava. Ogni tanto uscivo per farmi un giro intorno e vedere se qualcuno volontariamente o no, l’ aveva danneggiata.
Insomma avevo scoperto di me un lato nuovo, un lato che non conoscevo e che francamente avrei preferito non avere.
Divenne una fissazione, ero sempre a controllare e se, mi accorgevo di una riga,
di un puntino, un graffio invisibile a occhio nudo, ero lì ad imprecare sino all’indomani.
Fu così che cominciai a non andare più al cinema, perché si usciva tardi e avevo paura di non trovarla, rinunciai più volte di andare in pizzeria per la stessa e altre paure.
Trovai un garage a 40.000 lire al mese e le volte che la tiravo fuori erano quelle volte che proprio non ne potevo fare a meno.
La mia vita era cambiata, si era imbruttita, non mi sentivo libero, mi sentivo soffocare, prigioniero, anzi schiavo. Un effetto collaterale così non me lo sarei mai aspettato, manco sapevo di averlo
o meglio non m’era mai successo prima per qualcosa che mi piacesse anche tanto.
C’era come un qualcosa che scatenava in me una specie di paura, una preoccupazione ma scartai sempre con forza e convinzione, il fatto che dipendesse dall’aver firmato una montagna di cambiali.
Erano passati più di tre mesi dal giorno in cui ero uscito trionfante dalla concessionaria ma ero ancora ossessionato dal pensiero che potesse succedere qualcosa di brutto alla mia bella FIAT TIPO 1300, bianca.
Ero sull’orlo di una crisi di nervi, non ne potevo proprio più quando attaccai il cartello SI VENDE seguito dal mio numero di telefono fisso, sul vetro posteriore.
La macchina era ancora fiammante, fu un professore che conoscevo a telefonarmi e a lui decisi di venderla perdendo un po’ di lire.
Tornai al mio caro usato, un modello non tanto vecchio ma con già qualche graffietto e qualche piccola ammaccatura, e riacquistai la libertà.
Tirai un respiro di sollievo e ripresi la vita di prima.
Amici e macchina sempre pronta per andare ovunque, per vivere, per divertirmi. Magari a volte stentava la partenza, a volte qualche “singhiozzo” faceva sobbalzare dal sedile i passeggeri, ma non era nulla di fronte alla libertà che avevo riacquistato. Non so se oggi una macchina nuova mi farebbe lo stesso effetto. Penso di si e poi non mi va di rischiare.
Per questo continuo a fidarmi dell’usato garantito e a protestare, come quella volta con il venditore, perché quel suo usato che doveva essere garantito, mi lasciò nel bel mezzo di una strada dove incontrai la prima persona dopo tre quarti d’ora.
Però quella volta mi feci sentire, mi feci rispettare, mi arrabbiai come poche volte mi succedeva. Qualche minuto dopo erano partiti i soccorsi in mio aiuto.
Solo che la macchina si era piantata al centro di quella strada sperduta di campagna non per un guasto elettrico, né tanto meno meccanico.
Ero solo rimasto senza benzina ed io me ne accorsi solo dopo.