RenziRubriche/ Opinioni/ di Piero D’Errico

Galatina – Se sul documento di identità si usasse ancora scrivere la professione, sul suo in corrispondenza troveremmo: LEADER.
Ti accorgi dall’articolazione del discorso, dalla battuta, dall’impossibilità di fermarlo nel suo ragionamento, dalla passione.
Con quel “non so che” che ti trascina o ti allontana, che puoi amare o odiare, alzare il volume della TV per ascoltare o spegnere la TV per non sentire.
Con una abissale distanza tra “lui” e gli “altri”, e gli “altri” che sognano di diventare, magari un giorno non lontano, leader come lui, prendere il suo posto.
Insomma ci sono “leader” che lo sono anche senza volerlo, anche se non vogliono, nati leader.
L’ascesa di un “leader” crea un effetto immediato ed automatico, crea la nascita di “anti-leader” alcuni dei quali, solo per avere un po’ di luce riflessa, crea la nascita di professionisti del “contrario”, del contrario ad ogni costo.
La notorietà del leader, verso cui si scagliano, sarà proiettata un po’ anche su di loro. Insomma intorno a lui cresceranno gli “odiatori” che dureranno il tempo che durerà il leader, poi si scioglieranno, spariranno.
Il leader sarà la fortuna dell’ anti-leader, gli darà spazio e visibilità, potrà scrivere libri, fare un film, un articolo, tanti articoli, un giornale, una TV, una trasmissione “nemica”.
Insomma il leader oltre allo spazio che crea intorno a se, aggiunge uno spazio non indifferente a chi gli è “contro” a prescindere, contro su tutto, per mestiere, distinguendosi così dagli oppositori veri, leali, da chi lo fa con onestà intellettuale.
Così va la vita ragazzi, c’ è chi sul suo documento trova scritto “leader” anche senza volerlo e chi come me trova ancora scritto “apprendista pittore”.
Era il modo più semplice per entrare in FIAT, aveva appena aperto a Lecce, poi una volta dentro, era più facile modificare qualifica e mansioni, fare carriera.
Così almeno mi fu detto.
Non ci fu comunque nulla da fare lo stesso, quel portaborse democristiano degli anni ’70, ancora vivente, quasi amareggiato e dopo un paio di campagne elettorali al suo fianco mi disse: “NON è POSSIBILE o NON E’ IL MOMENTO” o cosa del genere.
Ed io lo ringrazia già allora, pur avendo capito che quella promessa l’aveva sparsa in giro, di qua e di là.
Lo ringraziai in un modo affettuoso, quasi cordiale, come si usa tra persone che si stimano, lo salutai con educazione, gli dissi: “VAFFANCULO”.
Ho volutamente dimenticato di dare un nome al “leader” ognuno ci metta il suo preferito.
Io ci metto il mio: Matteo RENZI