“Il cambio di stagione, come sempre, mi procurava qualche giorno di raffreddore, a base di starnuti a ripetizione”.
Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico
Galatina – Ero seduto al secondo banco di fronte alla cattedra, in quell’aula di una classe maschile della scuola media G. PASCOLI.
Imparavamo delle cose importanti e interessanti che un prof. severo e preparato, con vestito e cravatta su cui non mancavano i segni del bianco lasciati dal gessetto della lavagna, ci insegnava.
Ero seduto al mio posto con le ginocchia poggiate come al solito sul piano di sotto il banco, dove si poggiavano i libri.
Sul banco, una matita, una penna col pennino, un libro e un quaderno aperto.
Era appena autunno e il cambio di stagione, come sempre, mi procurava qualche giorno di raffreddore, a base di starnuti a ripetizione.
L’argomento era molto interessante, stavamo tutti attenti alla lezione e nell’aula non si sentiva volare una mosca.
Mi sentii partire un leggero “friccichio” al naso che man mano aumentava.
Cercai, per non disturbare la lezione, di trattenere lo starnuto, ma quando pensavo di esserci riuscito una massa d’aria mista a saliva schizzò con violenza dalla mia bocca.
Vidi i fogli che stavano sul banco volare poggiarsi qua e là nell’aula.
Ma il dramma fu un’ altro.
Quella massa d’aria che avevo spruzzato via, aveva procurato un’onda d’urto che a sua volta aveva procurato un’altra spinta questa volta verso il basso.
Spinta che ebbe la sua naturale uscita verso il basso, trasformandosi in “peto”.
Fu come un boato, un tuono, il banco davanti spostato di circa mezzo metro e la stanza che tremò tra gli applausi dell’intera classe alzata in piedi ad applaudire per l’occasione.
Ben presto si unì a loro anche il prof. e ben presto furono aperte porte e finestre.
Avrei voluto morire, nascondermi. Seppi soltanto dire: è stato il rumore del banco. Ma quando alzai gli occhi nell’aula non era rimasto più nessuno.
Erano tutti, tranne me, a ridere e scherzare, la maggior parte a raccontare.
Si parlò a lungo di quella “storia”, si disse che il gas, non velenoso, sprigionato si era sparso per la scuola intera, altri, i miei nemici giurati, che era arrivato anche per strada.
Insomma tutta colpa di quel terribile starnuto, che provocò un effetto a cascata del tutto spontaneo e naturale e che come i miei più cari nemici raccontarono, provocò tra l’altro, l’incenerimento del banco su cui ero seduto.
Quando non c’era più nessuno, tornai un attimo in classe, per spiare se veramente c’erano tracce di bruciato sul banco. Non era niente vero.
Il fatto fu che tanti si misero a raccontare un sacco di bugie.
Per quel che io ricordo, ci fu soltanto un forte “boato” e una vocina impaurita che si levò dall’ultimo banco a gridare: Aiutoooooooo !!!!!!!