Tratto dal libro di Marino Giannuzzo “I Ragona”.
Rubriche/PensieriParole/ di Marino Giannuzzo
Ringraziamo l’autore per aver consentito alla pubblicazione del suo romanzo che troverete su queste pagine ogni domenica con un nuovo episodio.
Le cinque del mattino. L’aria fuori era tersa ma gelida. Per le strade solo qualche sparuta autovettura che si recava sul posto di lavoro. Era ancora buio quando Giulia udì squillare il campanello del citofono.
Con dei leggeri colpi di gomito svegliò il marito. -Che c’è?- chiese Francesco, assonnato. -Bussano… e insistono… sono già tre volte che suonano nel giro di un minuto! Senza parlare Francesco si girò sull’altro lato e con calma, ma infastidito, prese la cornetta da sopra il comodino e rispose al citofono. -Chi è?- chiese. -Aprite. Carabinieri. -Un attimo. Indosso qualcosa e scendo. -Apra, dobbiamo salire. L’uomo schiacciò il pulsante, la porta di ingresso al pianterreno si aprì e per le scale si udirono dei passi affrettati. Squillò il campanello all’interno dell’appartamento e dopo qualche attimo Francesco aprì la porta e comparve con indosso i pantaloni e una camicia ancora sbottonata, della quale non riusciva a trovare le asole in cui fare passare i bottoni in modo ordinato.
-Voi siete Francesco Ragona, vero?- gli chiesero per pura formalità e a bruciapelo. -Si, certo. Lo sapete già; mi conoscete tutti. -Vi dichiaro in stato di fermo. Dovete venire con noi. -Perché? Per quale motivo?- chiese l’uomo tra l’irritato e il cortese. Si rese però conto che le circostanze suggerivano somma prudenza, somma pazienza e somma cautela. -Vi sarà detto in caserma- aggiunse quello che aveva parlato e che sembrava il più graduato dei tre. -Fatemi finire di vestirmi, dire qualcosa a mia moglie, ditemi se devo portare qualcosa con me…. -Vestitevi, lavatevi la faccia, se volete, e venite con noi. Poi si vedrà per il resto… Probabilmente c’è un errore, qualche omonimia… e potrete tornare subito e tranquillamente a casa. L’uomo si voltò per recarsi dalla moglie, che credeva ancora a letto, ma se la trovò tra le braccia, ammutolita e che accennava a qualche singhiozzo. La rassicurò: -non preoccuparti, io sono tranquillo, non ho fatto nulla di male. Non ho idea del motivo di questa sorpresa stamattina. Si chiarirà tutto. Telefona a mio fratello e gli dici che i lavori devono procedere come programmati…
In caserma fu fatto accomodare nella sala d’aspetto e gli dissero di attendere. Su una poltroncina poco lontana notò seduto un uomo che conosceva di vista.
Salutò e si chiuse in un nervoso mutismo. Anche il conoscente, dall’atteggiamento che aveva, non sembrava avere voglia di scambiare chiacchiere. Dopo pochi minuti giunse un altro uomo sui sessant’anni e subito dopo un altro sui cinquanta. Salutarono, ma anche loro non avevano voglia di conversare, pur essendo conoscenti di lunga data tra di loro e con gli altri. Tra l’altro tutti erano convinti che erano circondati da microspie e quindi si astenevano di scambiarsi domande od osservazioni. Francesco intanto incominciò a chiedersi quali rapporti c’erano stati tra lui e quegli uomini, ma non riuscì a trovarne. Finalmente dopo circa un’ora e mezza di attesa fu chiamato il primo dei quattro, che alzatosi, con ostentata calma, si diresse verso una stanza del lungo corridoio che gli era stata indicata dal piantone. Tutti tesero le orecchie per riuscire ad intercettare qualche parola, ma non si udì nulla. Nel frattempo una donna si era giunta al gruppo dei tre che erano rimasti nella sala di attesa. Salutò garbatamente e garbatamente le fu augurato il buongiorno. -Se partono così…- e nello stesso tempo la donna fece un cenno elicoidale con la mano in senso verticale nell’aria, come ad aggiungere come sottinteso: -siamo a posto…..
Il terzo ad essere chiamato nella stanza, ormai divenuta odiosa per Francesco, e sicuramente anche per gli altri, fu proprio Francesco, il quale non vedeva l’ora di dare le sue spiegazioni alle eventuali domande che gli sarebbero state poste per potere andare via e controllare il lavoro dei suoi operai, che certamente erano in attesa del suo arrivo. Una cosa aveva però notato: nessuna delle persone che lo avevano preceduto era venuta fuori dalla porta per cui era entrata. Probabilmente dovevano essere andate via per una porta secondaria, oppure… venivano ancora interrogate o erano state condotte da qualche parte per un’uscita secondaria. Ma non gli veniva neppure da supporre una tale conclusione in quanto tutte erano state tranquille nella sala di attesa. D’altronde se dovevano arrestarle le avrebbero condotte direttamente in prigione e successivamente sarebbero state interrogate dal Pubblico Ministero, come aveva sentito dire da qualcuno. Entrando, con tutta la giovialità e la serenità che riusciva a fare emergere dai suoi atteggiamenti, salutò e restò in piedi, in attesa che gli si dicesse cosa fare. -Si segga…- gli disse affabilmente il graduato dall’altro lato della scrivania, tendendogli la mano in segno di bonaria accoglienza. Francesco gliela strinse e si accomodò più tranquillizzato, ma sospettoso. -Lei si chiama?… -Francesco…
-Francesco come? -Francesco Ragona. Nato il 13.12.1955 -A…. -Cutrofiano… provincia di Lecce – aggiunse subito Francesco, in previsione della domanda successiva. -Residente a… -Lecce… via Leuca n. 221 -Ok. Bravo. Vedo che ha fretta. Purtroppo però, glielo dico subito, un po’ di tempo lo impiegheremo per redigere il verbale… -Va bene. Non fa nulla. Purtroppo ogni cosa vuole il suo tempo…- aggiunse affabilmente Francesco. -Bene! Mi dica… lei conosce il ragioniere Cipolla… -Sì. -Mi parli dei suoi rapporti, intendo dei suoi rapporti, signor Ragona, con il ragioniere Cipolla. -I miei rapporti… cosa vuole che le dica?… sono come quelli di tutti i cittadini con un impiegato del comune… -Sì, ma lei ha dei rapporti particolari… mi parli di questi…. -Non saprei che dire… quando il Comune ha bisogno di un servizio urgente, avendo io l’appalto per alcuni lavori, mi reco dal ragioniere Cipolla per prendere l’ordine scritto per ritirare il materiale necessario ed eseguo con i miei operai. -Io lo so, ma glielo devo chiedere in modo ufficiale, lei che lavoro svolge?
Francesco si andava rendendo conto che, man mano che le domande si accavallavano, la distanza tra lui e il maresciallo Caini, di cui aveva letto nome e cognome su un soprammobile davanti a lui, accresceva a dismisura, malgrado entrambi cercassero di dissimularlo. -Sono impresario, ho un paio di cantieri, uno con quindici operai e l’altro con nove. -E provvede lei personalmente per ritirare il materiale per conto del comune? -Certe volte sì, certe volte qualche mio dipendente. -Mi spieghi come funziona questo servizio. -Il Comune, quando ha bisogno, chiede il nostro intervento. Io mi reco dal ragioniere Cipolla, ritiro il buono per il materiale e provvedo a fare eseguire il lavoro. A conclusione dei lavori mi reco nuovamente dal ragioniere Cipolla con l’elenco delle giornate di lavoro impiegate dagli operai, che mi vengono liquidate con mandato da riscuotere in banca. -Il materiale provvede lei a pagarlo? -No. Provvede direttamente il Comune, credo con le stesse modalità, ma non ne sono certo. -E al ragioniere Cipolla quanto è costretto a lasciare in contanti? Il Ragona incassò il colpo. Si irrigidì e finalmente capì il motivo che lo aveva condotto in quella stanza e davanti a quel maresciallo Caini, che dal cognome
faceva pensare ad una lontana discendenza da quel famoso Caino, assassino del fratello. -Il ragioniere Cipolla non mi ha mai costretto né mi ha mai chiesto nulla e non gli ho mai dato nulla. -Signor Ragona, è sicuro sicuro che non gli ha dato mai un centesimo? Se io le faccio queste domande è perché già sappiamo, e lei si sta incasinando per nulla. -Sono io, di mia spontanea volontà, che qualche volta ho voluto offrirgli un caffè, così come tra amici. -Un caffè del 10% sulle somme da lei incassate…. -Di mia spontanea volontà un caffè, ripeto, e nessuna percentuale… -Signor Ragona, cca nisciunu è fesso, si dice a Napoli, ma vale per il mondo intero… -Nessuno mi ha mai obbligato e di questo 10% non ne so parlare… -Nessuno l’ha obbligato, ma è cosa risaputa che se non si lascia l’obolo del 10% la sorgente acqua non ne dà… mi dica se dobbiamo continuare o se dobbiamo fermarci qui… -Possiamo continuare… -Allora, mi dica, quanti siete in tutta la città che avete appalti per lavori pubblici? -Tre ditte. -I nomi. -Ragona… Melina… e Ferretti. -Anche loro hanno dipendenti? -Sì
-Quanti? -Non saprei. Credo una quindicina ciascuno… -Lei quanti ne ha? -Io ho due ditte: una con quindici e una con nove operai. -Sono tutti messi in regola? -Sì. Due, siccome sono saltuari, certe volte sì, certe volte no. -Ok. Lei capisce, signor Ragona, che la sua situazione non è proprio rose e fiori. Nella situazione attuale si configurano già i reati di associazione a delinquere, forse anche di tipo mafioso, di corruzione, di concussione e quant’altro…. Senza tener conto di quel brutto affare del cadavere rinvenuto dietro la porta di casa sua… che ci risulta fosse di persona di sua conoscenza e con la quale lei intratteneva…buoni rapporti… Mentre il maresciallo Caini andava enumerando tutti gli eventuali capi di imputazione a suo carico Francesco Ragona, malgrado cercasse in tutti i modi di controllarsi, si sentiva mancare il pavimento sotto i piedi, la vista gli si annebbiava e non ascoltava più il maresciallo. Fino a quando questi lo richiamò alla realtà. -Signor Ragona, mi ascolta? -Sì, sì… -Ebbene! Lei è in un casino, ma solo alla morte non c’è rimedio.
Le voglio dare una chance, ma naturalmente io non le sto chiedendo nulla né le sto proponendo nulla, salvo se lei, spontaneamente si vuole proporre… lei sa che qualche volta noi siamo favoriti nella nostra attività da qualcuno che per sua scelta, e avendo innato il senso civico, viene a riferirci di persone o fatti accaduti in sua presenza o a lui riferiti da altri, che possono darci una mano nel fare trionfare la giustizia in questo mondo corrotto e degenerato…. Francesco lo guardava perplesso e non gli sembrava vero che quel maresciallo potesse parlare così. Si sentiva tirato fuori da un abisso nel quale ancora non si era reso conto di come c’era andato a finire. In un attimo ricordò di essere stato dichiarato in stato di fermo, di avere avuto appena il tempo di salutare sua moglie, di avere rifiutato l’assistenza di un legale per l’interrogatorio, non avendo nulla da temere, di avere due cantieri che senza la sua guida sarebbero svaniti nel nulla… e che forse era il momento di lasciarsi tirare fuori da quell’abisso. -Maresciallo, lei capisce- cominciò a dire senza rendersi conto delle parole che pronunciava, che erano esattamente l’opposto di quanto gli era passato per la mente, e del loro significato -lei capisce che tutto ciò che ho è esposto ai quattro venti… ho rispettato tutti e sono stato sempre rispettato da tutti… e non voglio neppure immaginare cosa succederebbe se io….
-Ragona, calmati, cosa vai farneticando?… di che parli?- lo interruppe il Caini con voce alterata. Poi, con fare quasi rabbioso, chiamò: -De Lisi, il verbale… Alle spalle del Ragona comparve un giovanotto alto e robusto, che per tutto il tempo era stato dietro un computer, e del quale Francesco ricordò di averlo appena intravisto quando era entrato nella stanza. Rapidamente il Caini diede uno sguardo al contenuto. Ancor più rapidamente lo lesse ad alta voce e lo sottopose a Francesco per la firma, il quale, sperando che quella gogna fosse finalmente finita si affrettò a firmare la triplice copia che gli veniva con cortese energia sottoposta. Le tre copie furono firmate anche dal maresciallo e dal suo assistente, il De Lisi. -De Lisi, accompagna il signore… L’appuntato De Lisi guardò il maresciallo in modo interrogativo, non essendo certo sul da farsi… -Accompagna il signore… a disposizione del PM… Fu così che Francesco Ragona si trovò chiuso in camera di sicurezza in attesa degli eventi.