Erano anni che è stato bello vivere, anni in cui esserci è stato meraviglioso.
Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico
Avevo ormai così preso l’abitudine, che mi svegliavo alle sette e mezza anche quando a scuola non ci dovevo andare.
Ma la sorpresa era proprio al risveglio e a pensarci ora ne valeva proprio la pena.
Saliva per la casa e pian piano andava anche oltre, un profumo di farina, impasto, lievito, insomma saliva intorno un profumo di “torta”.
Il profumo della domenica.
Se poi la “torta” era “uscita” particolarmente buona il primo pensiero era per la “vicina”, farla assaggiare alla vicina.
Avresti già voglia di assaggiarla, non si può, bisogna aspettare mezzogiorno.
A mezzogiorno, salteresti volentieri tutti i piatti che la precedono, anche quel pezzo di carne al sugo che la domenica non mancava mai, però quando era il suo momento ne valeva sempre la pena.
Tutti ingredienti freschi e naturali, “gonfiata” al punto giusto, morbida al punto giusto.
La mattina successiva, un bel pezzo, lo trovavi già nella “cartella” spolverato di cremalba e ben incartato per non sporcare libri e quaderni.
La domenica aveva le sue regole, era il giorno trattato meglio, per lei conservavi i vestiti più belli, le scarpe lucide, i capelli pettinati, si preparavano piatti più importanti, c’era il dolce.
Insomma come allora si cantava, “domenica era sempre domenica”.
Si andava in Chiesa, si pregava o forse si faceva finta di pregare, ma eravamo in tanti della stessa età, cantavamo, quello sì, me lo ricordo bene.
La sera poi la passeggiata sino al centro, in villa, si partiva a piedi dal rione Italia e si arrivava in villa. In villa si incontravano amici e parenti, insomma la serata volava.
Saranno state appena le otto e già eravamo sulla strada del ritorno, pian piano sino al rione Italia ed io mi ricordo sempre a braccetto con mia madre forse per sentirmi al sicuro, sentirmi protetto.
Si arrivava a casa e già la domenica era passata, non c’era TV, non c’era niente.
Si parlava, si parlava, si parlava.
Erano quelle “piccole grandi cose” che facevano belle le giornate e la vita stessa, che davano armonia, formavano belle amicizie, fatte di di racconti, di un “parlare” ricco di fatti, ricco di esperienze, di vissuto.
Quelle piccole cose che ci sembravano grandi e che magari oggi non contano più.
Che vivono solo nel ricordo di noi che le abbiamo vissute, piacevolmente vissute. Tratti che è un peccato dimenticare e che è difficile descrivere.
Insomma erano anni che è stato bello “vivere”, anni in cui esserci è stato meraviglioso, è stato un regalo.
Erano gli anni sessanta, erano gli anni di “quelle piccole grandi cose” e per favore mamme, continuate a fare le vostre torte.