Però ho cambiato il finale del racconto.
Rubriche/Pensieri&Parole/di Piero D’Errico
I segnali c’erano tutti, troppa differenza, troppi punti di vista diversi.
E lui che si era accorto da un po’ aspettava, aspettava tristemente la
fine che sarebbe arrivata prima o poi.
C’era coscienza in questo, c’era la paura che la fine di quel suo grande
amore potesse far male, potesse far soffrire.
Aveva, come lui stesso ci aveva confessato, studiato perfino un piano
che avrebbe alleviato la sua sicura sofferenza, avrebbe alleviato, un suo
sicuro dolore.
Insomma, viveva nel terrore del dolore portato dalla fine di una storia
che a suo giudizio era già cominciata.
Troppo forte l’attaccamento da parte sua, da parte di lei molta sofferenza
in quel “nuovo mondo” che la faceva insicura.
Lei di un Paese non completamente sviluppato, lui di un Paese troppo
sviluppato.
Lei attaccata alle sue tradizioni, ai suoi valori, alla gente del suo Paese, al
suo mondo rimasto indietro rispetto al mondo in cui viveva, al contesto
che la circondava e non la faceva sentire protetta.
Lui fortemente convinto che prima o poi sarebbe esploso qualcosa e
aspettava il momento, aspettava di sentire il botto del suo cuore scoppiato,
aspettava di sentire solo quel botto che gli avrebbe cambiato la vita.
Visse così, pazientemente, un non breve periodo tra gioia e paura, tra
momenti che sembravano la vigilia di quel che temeva, la vigilia della
fine di una storia che lo aveva arricchito moltissimo, come lui stesso
raccontava, e che nello stesso tempo aveva messo a confronto due mondi
diversi, abitudini diverse, religioni diverse, due mondi che lui vedeva
inconciliabili.
O forse era soltanto un suo infondato “presentimento” erano soltanto
cattivi pensieri.
Timida e insicura lei quando era con gli amici di lui, fregata dalla paura
di poter sbagliare nel parlare.
Vivace e chiacchierona quando incontrava qualcuno del suo Paese.
L’aveva conosciuta durante uno dei suoi tanti spostamenti per motivi di
lavoro e lei lo aveva seguito.
Quell’amore non finì mai.
Gli ho incontrati che avevano già passato insieme, pochi giorni ai dieci
anni.
Erano ancora insieme più felici che mai, lui aveva buttato alle spalle
la sua paura, lei parlava un italiano perfetto, straordinariamente allegra
e felice.
Fui appunto invitato alla festa che stavano organizzando, la domenica
successiva per festeggiare dieci anni dal loro incontro.
Non ci andai ma feci loro pervenire un biglietto, con su scritta una frase
che non ricordo più se mia, ma che comunque per l’occasione la feci
diventare:
PIU’ DIFFICILE E’ IL PERCORSO, PIU’ BELLA E’ LA
META. LA VOSTRA ERA QUELLA D’ESSERE FELICI, L’AVETE
RAGGIUNTA. VI SI LEGGE NEGLI OCCHI.
Vivono ancora oggi la loro lunga storia d’amore, cominciata tra paura
e diffidenza e poi felicemente approdata in un mare d’amore.
La loro felicità è resistita al tempo e non è stata mai più sfiorata da
insicurezza e timori.
………………………….
Non fu proprio così il vero finale, solo non mi andava di raccontare
quella infinita tristezza, quella lenta agonia in cui giorno dopo
giorno sprofondava una storia.
L’ ho cambiato.
Ho raccontato il finale della storia così come avevo fortemente sperato
finisse.
Non fu così bello, così bello come nel racconto,
A me piace così immaginarlo, una storia romantica, narrata da un
inguaribile romantico che la vita ha più volte provato a cambiare.
Senza riuscirci.