Rubriche/PensieriParole
“Eravamo quattro amici al Bar che volevano cambiare il mondo” faceva una vecchia canzone . Solo che noi, eravamo sempre quattro, ma non volevamo cambiare il mondo, noi volevamo solo vivere in “quel mondo”.
Capelli lunghi e sacco a pelo si girava il mondo in autostop e d’estate i camping erano strapieni. Avevo comprato da un paese vicino, dove avevo fatto il “militare”, una tenda per campeggio quasi nuova.
L’avevo abbellita e ingrandita, il collaudo avvenne nell’estate del 1971 al CAMPING di RIVABELLA. Perfetta. La vita frenetica del CAMPING “ci prese” subito, facemmo amicizie con tanti nostri coetanei e vicini.
Di fronte a noi una famiglia “romana”, brave persone, due figlie, una della nostra età. Monica, così si chiamava.
Si condivideva tutto, si faceva amicizia in fretta e noi che eravamo del posto, eravamo diventati il riferimento di tanti turisti, il fatto che tutti ci chiedessero informazioni, ci faceva sentire “importanti” e soprattutto “richiesti”.
Spiagge, mercati, discoteche e pizzerie, avevamo sempre la soluzione pronta e noi, quando valeva la pena, sempre insieme a loro. Insomma era agosto, era estate e forse fu quella la più bella. Non avevamo messo in conto il finale.
C’eravamo affezionati da morire, le persone a pochi passi dalla nostra tenda, erano le prime persone che salutavamo la mattina e le ultime a cui dicevamo “ buona notte” la sera.
Si mangiava insieme e se anche non si mangiava insieme eravamo sempre vicini. In quei bellissimi 15 giorni, ci raccontammo di tutto, lavoro, passioni, emozioni, cantavamo a squarciagola da svegliare chi dormiva nei paesi vicini e che da li a breve, si sarebbe recato in quelle immense distese verdi a raccogliere tabacco. Cantavamo quasi sempre le canzoni dei Pooh e quel “ mi dispiace devo andare, il mio posto è là ” arrivava a pochi metri dal cielo. Non ne abbiamo avuto mai la certezza, ma qualche volta di sicuro è andato anche oltre. Dicevo, ci affezionammo moltissimo a quella famiglia di fronte, soprattutto a Monica, la nostra coetanea.
Subito dopo la settimana di ferragosto, cominciarono a caricare le loro cose in macchina, in quella Fiat 128 bianca, che per il peso aveva puntato il muso verso il cielo.
Finì così tra lunghi abbracci e bellissime promesse e noi per strada a salutarli sin quando quella 128 bianca sparì dietro la prima curva. Quel CAMPING ci sembrò vuoto, non fu più la stessa cosa, troppi ricordi, troppa malinconia. Non sto a raccontarvi dei giuramenti fatti “ ci vediamo presto, prestissimo. Tra un mese, a Natale e nel frattempo ci scriviamo ci mandiamo tante cartoline ”. Non arrivò, né partì alcuna cartolina, poche le telefonate. Ognuno aveva ripreso la sua vita, la sua attività, il suo lavoro. Seppi che Monica, la nostra coetanea, continuò a studiare danza per qualche altro po’ di tempo. Poi si mise all’inseguimento di qualche altro sogno e del sogno di poter un giorno diventare una “ballerina famosa” perse ogni traccia.
E anche noi, quei quattro bischeri che eravamo, cercavamo sogni da sognare. Continuammo a vederci e continuammo a ricordare. Quell’estate finì così, tra quel posto vuoto lasciato e quei tanti ricordi di serate e di risate. Quella “tenda” la prestai a un mio amico e non mi fu più restituita, né mai la chiesi indietro. Mi dava troppo nostalgia, mi dava un po’ di tristezza. E’ passato quasi mezzo secolo, con quegli miei amici mi vedo ancora, raramente, ma sempre con piacere. A ripensarci ora, c’era uno di noi che ogni sera, le sparava a raffica:ci avrebbe fatto assaporare ogni prelibatezza, ogni ben di Dio, proveniente dal magazzino di vendita all’ingrosso di salumi e formaggi dei suoi genitori. Non portò mai niente, non assaggiammo mai niente. Ma il fatto è che dopo quasi cinquant’anni, è rimasto uguale.
L’ho incontrato non molto tempo fa e come allora, mi ha parlato, parlato, parlato. Ed io ho ascoltato, ascoltato, ascoltato, naturalmente in silenzio, naturalmente approvando tutto ciò che mi diceva, ma dentro di me saliva forte il rumore di una lunga risata.
Feci fatica a trattenerla. Però ci riuscii.