Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Doveva essere una volta come tante, una di quelle volte, di quelle occasioni che cominciano e finiscono,
una di quelle volte che si perdono nell’archivio della vita tra le cose belle o forse tra le meno belle.


La solita ricorrenza fuori porta, “STOCCOLMA” e l’indecisione che accompagna i giorni precedenti per
la continua cancellazione dei voli e un virus sempre in agguato.
E fu così che dopo qualche giorno mi ero abituato, avevo amici e conoscenti serate fresche, il sole e sul
più bello, un acquazzone tanto violento tanto breve.
Ero a pochi chilometri da Stoccolma in un posto che mi cominciava a diventare familiare, avvolto da
un’aria frizzantina e da gente cordiale e silenziosa e intorno tutto quel verde, tutti quei boschi.
Lo strano gioco di curve e contro curve, salite e discese m’aveva portato a pensare di trovarmi in aperta
campagna e invece no, il centro del paese era alle mie spalle, tranquillo e silenzioso, già deserto alle
nove di sera.
Potevo raggiungerlo anche attraverso viottoli nel bosco o dalla strada principale.
Ho sempre attraversato i viottoli, mi davano più di romantico più di natura .
Fu così che in mezzo a tanto verde e a tanta tranquillità pensai di aver trovato il posto ideale, il posto
giusto, quello che da sempre cercavo.
GIMO così si chiama il paese diventato la mia casa, il mio ritrovo, il mio “luogo”.
GIMO dove tutto funziona, dove tutto è più lento, dove si va in bici o in pullman veloci e moderni.
Dove ho fatto conoscere e cantare “KARAOKE E GUANTANAMERA”.
Di italiani non ne ho trovato neanche uno, neanche nelle tante pizzerie napoletane di Stoccolma o nei
ristoranti italiani.
Il mondo è tutto bello, lo avevo capito e non avevo dubbi. Ma certi posti sono, se possibile, ancora
più belli.
Sono sicuro che anche Dio vive da queste parti, magari qualche isolato più avanti, qualche numero
più avanti di questa lunghissima strada.
Qua dove l’estate è il meraviglioso prolungamento della primavera.
Ho qui scoperto la “non essenzialità” dello scrivere e la bellezza del “non leggere” 1000 cose da
spiegare, nella speranza della stupidità di un “bravo” che non arrivava comunque, fermato sempre
dall’invidia e dalla gelosia e sopratutto dalla stupidità di chi doveva pronunciarlo.
Le cose che non ti aspetti, un paesino a pochi chilometri da Stoccolma ed ancora meno da un lago
che sembrava uscito da una cartolina.
Ero tornato a malincuore dopo una decina di giorni, ero tornato a casa.
Non avevo neanche attraversato la porta d’ingresso e già mi chiedevo: che ci faccio qui !!!
la sera del giorno dopo ero già tornato a Stoccolma. Ed ora sono ancora qua, per ora sto bene per
ora resto qua, per ora è casa mia.
Per ora sto bene e il fatto di stare bene fa star bene le persone a me care.
Aspetto che il richiamo della mia terra, della mia casa, dei luoghi in cui sono cresciuto e soprattutto
che il richiamo degli affetti, mi riporti, penso inevitabilmente, ad assaporare quel fastidioso senso
che sa di nostalgia e anche un po di malinconia, e da lì ricominciare.
Potrà arrivare o anche no, per ora sto bene e dire “vi penso” è una bugia, una imperdonabile
bugia.
Quasi cinque mesi dopo aver scritto questa “lettera mai spedita”, scritta alla luce del sole di
STOCCOLMA, alle undici di sera, mi cominciavano a mancare mille cose, dalle più piccole
alle meno piccole, sino a vedere con altra luce, tutte le cose che odiavo.
Mi mancavano gli affetti e le premure degli altri per me, mi mancava quel caos perfetto sul
tavolo da cucina sempre pieno di carte, di appunti e progetti, mi mancava la “penna”.
Sono tornato indietro da dove ero partito e dove tutto è rimasto uguale.
Sono tornato al mare in un giorno di sole, in una di quelle giornate che se guardi il mare lo vedi
luccicare e al quasi buio delle otto di sera, ho concluso questa lettera e questa volta la invio.
Ogni tanto ci penso magari una vacanza non tanto breve per salutare, per ritrovare, per vedere
se ricordano ancora la canzone “ KARAOKE E GUANTANAMERA”.
Ho capito che le radici profonde che con gli anni ti legano, sono difficili da tagliare, sono difficili da lasciare.
Magari cambio idea, chissà, ma se la prossima volta dovessi dirvi che: “non vi penso” sarebbe bugia, si una imperdonabile bugia.