Eventi/di Area Comunicazione “Premio Iolanda”.
E’ Paola Trifirò Siniramed, con “Dizionario irresistibile di storie in cucina” (Cairo Editore), la vincitrice della quarta edizione del Premio Iolanda, tenutosi sabato sera nella bellezza rétro di Villa La Meridiana di Caroli Hotels a Santa Maria di Leuca (Lecce).
L’avvocatessa scrittrice ha avuto la meglio, dopo ampia discussione tra i giurati del Premio, su Fabrizio Mangoni, autore del volume “Ricette narranti e racconti di cuoche” (Liguori Editore) e Carlo Spinelli con “Ottantafame – Ricettario sentimentale degli immortali anni ‘80” (Marsilio Cartabianca), gli altri due finalisti del Premio. Ideato dalla psicoterapeuta Vera Slepoj e dal giornalista Davide Paolini per celebrare la letteratura enogastronomica di recupero e tutela della tradizione e ispirato a Iolanda Ferramosca, 86enne cuoca tuttora alla guida della Trattoria Iolanda di Lucugnano.
Vincitore della sezione Letteratura del vino, invece, Stefano Cosma, autore di “Langoris. Storie di vini e di cavalieri”, pubblicato da Leg Edizioni, e per la sezione “Cucina della Memoria” la giornalista salentina Silvia Famularo con “Salento Divine Tavole – L’arte del gusto e dello stile”, Edizioni Grifo. La vincitrice della sezione “Giuseppe da Re”, intitolata allo scomparso imprenditore “padre” dei famosi Bibanesi e dedicata alla Cucina del benessere, è invece Silvia Goggi con “L’Anti-Dieta. Per raggiungere e mantenere il tuo peso naturale bastano poche e semplici abitudini”, edito da Rizzoli.
A scegliere il più bel libro di cucina tra quelli inviati dalle case editrici italiane una giuria composta da Marina Valensise, Silvio Perrella, Cinzia Giaccari, Benedetto Cavalieri, Carlo Cambi, Giuseppe Seracca Guerrieri, Enrico Pandiani, Antonio Tognana, Concetta Fazio Bonina, Laurent Chaniac, Bruno De Moura Cossio. La selezione dei volumi sul vino era invece affidata a Alvaro De Anna, Enrico Semprini, Giacomo Mojoli, Roberto Felluga, Piernicola Leone De Castris, Davide Zuin, Seby Costanzo, Rossana Bettini Illy, Giordano Emo Capodilista, Massimo Bassani, Massimo Fasanella D’Amore, Diego De Leo. Ai vincitori sono state consegnate le opere bronzee realizzate per l’occasione dal maestro Gianni Cudin; la serata, cui erano presenti tra gli altri il giornalista Ferruccio De Bortoli – autore della prefazione del libro vincitore – e l’imprenditore Riccardo Illy, è stata condotta dalla scrittrice Ludovica Casellati e allietata da un concerto per violino e musica classica dei maestri Paolo Tagliamento e Massimo Scattolin e del tenore Francesco Grollo. A seguire una degustazione di prodotti di aziende e cantine coinvolte nel Premio.
Vera Slepoj ha spiegato nei giorni scorsi al Castello di Ugento, durante la conferenza stampa di presentazione della serata, la ragione di un premio pensato per i libri che raccontano attraverso le ricette mondi antichi di usi e tradizioni da salvare: “Si sta aprendo una nuova era in fatto di cibo e vino: la pandemia ha in pochissimo tempo cambiato il mondo in cui vivevamo, facendoci riscoprire quanto profondo sia il nostro legame sia individuale che collettivo con il cibo”, spiega la psicoterapeuta veneta. “Un legame che avevamo confinato tra le nostre memorie di un mondo apparentemente finito, perché la gente si era abituata a stare poco in casa, a non cucinare, a comprare alimenti già confezionati. I lockdown ci hanno invece riportati a un rapporto salutare con la cucina, non solo dal punto di vista nutrizionale, cioè dell’equilibrio psicofisico, ma anche dei riti individuali e familiari che essa comporta, oltre a una maggiore attenzione per gli alimenti biologici e che rispettano gli animali e i criteri di sostenibilità. Dobbiamo infatti ricordare che il nostro rapporto con il cibo è per esempio segnale ineludibile delle nostre difficoltà personali e relazionali, un frammento importante della nostra storia psicologica, e che il rito del pasto è un momento in cui si cementa l’unità delle famiglie e si danno risposte alle generazioni più giovani che non possono essere delegate ai social, soprattutto in un frangente come questo, pieno di limitazioni collettive che potrebbero ancora durare nel tempo. Il Premio Iolanda, quindi, non è solo occasione per distribuire premi agli scrittori”, conclude Vera Slepoj, “ma anche un momento in cui analizzare e approfondire tematiche che altrimenti rischierebbero la banalizzazione”. Aggiunge Davide Paolini: “Il premio Iolanda, sin dall’inizio, ha cercato di selezionare e, in un certo senso, a stimolare l’uscita di libri che non siano solo ricettari, di cui ormai sono piene le librerie, ma testi che approfondiscano le problematiche intorno al cibo e al vino. Anno dopo anno, vediamo che questa impostazione ha successo, come dimostrato dai partecipanti all’edizione 2021”.