Rubriche/di Luigi Mangia
Sono due le parole che caricano di significato politico e civile il 25 aprile e sono: libertà e resistenza. Ed è proprio la libertà che ci porta alla resistenza, a legare il nostro presente al passato.
La giornata della liberazione, come festa, per la fine in Italia del Nazifascismo porta la firma del presidente Alcide De Gasperi, il grande padre dell’Italia del passato. La liberazione ormai ha fatto 77 anni, le nuove generazioni sono lontane e quindi non la conoscono approfonditamente non per colpa loro.
A scuola, infatti, lo studio della storia molto spesso si ferma a quello delle due Grandi Guerre senza approfondire la resistenza. La resistenza è stata una guerra difficile e sofferta, perché bisognava lottare sia il Nazifascismo di Hitler, sia il Totalitarismo di Benito Mussolini. Per una scuola di pensiero di storici, infatti, la resistenza è stata considerata guerra civile. La resistenza fu lotta sociale di coinvolgimento di giovani, di donne e di intellettuali.
Il sacrificio di tutti fu eroico, la libertà il loro canto di Bella Ciao. L’unità dei valori della resistenza guidò il pensiero dei costituenti, i quali scrissero la Costituzione, la quale è ancora il fondamento del nostro Stato. La Costituzione italiana è un patto e un progetto di società inclusivo sia dei valori sia delle identità. La resistenza tiene vive le nostre radici e la parola libertà continua ancora ad unire il nostro presente al passato della storia.
La Festa della Liberazione del 2022 però ha due bandiere, quella italiana, bianca, rossa e verde, e quello arcobaleno della pace, perché per vivere in pace bisogna essere liberi, ma noi siamo coinvolti in una guerra che minaccia l’Europa ed è rivolta contro i valori dell’Occidente. La guerra di Putin è una guerra che mette in pericolo la libertà.