Rubriche/di Piero D’Errico

Stai tranquillo per i fatti tuoi quando ti arriva all’improvviso una musica, una canzone che ti sbatte contro un muro.

Ti arriva addosso con una potenza che ti travolge e ti riporta con  la mente indietro nel tempo, ti fa rivedere luoghi che non hai mai dimenticato, persone che non hai mai scordato.

E ti rivedi là in una di quelle serate calde d’estate ad ascoltare quelle canzoni, quella musica che non hai mai dimenticato.

Eravamo la solita combriccola, quella che in estate si trasferiva da un’aula scolastica ad una scogliera poco lontana.

Avevamo messo le utime 100 lire che avevamo in quel jukebox davanti al bar e ascoltavamo quella canzone che ci aveva accompagnato in quell’ estate. Ci caricava, ci emozionava.

E noi seduti intorno a quel juke box a cantare insieme a squarciagola sino a perdere la voce.

E intanto nascevano e tramontavano simpatie alcune stagionali altre che si prolungavano anche dopo, oltre ai banchi di scuola.

Avevamo un’ ultima sigaretta che ci fumavamo a giro, poi un chewing gum per non farci sentire l’alito di fumo e poi  ancora un po’ a guardare il mare fermo, immobile come non lo avevamo visto mai.

Il corso era ancora strapieno di gente che passeggiava, a noi sarebbe piaciuto restare ancora un po’ ma non era possbile, i  nostri genitori neanche sapevano che stavamo al mare.

Ed allora prendevamo i nostri motorini che non partivano mai al primo colpo tanto per lasciarci col fiato sospeso e tornavamo a casa.

Eravamo sempre un po’ in ritardo, quel poco di ritardo che i nostri genitori ci perdonavano.

Era estate, faceva caldo e il vento che ci abbracciava su quei motorini scoppiettanti che attraversavano il buio, ci rinfrescava e ci spettinava.

Prima di casa, un ultimo giro intorno alla villa e poi a nanna.

No, non era tardi, era appena mezzanotte passata da qualche minuto, mio padre che doveva alzarsi presto, già dormiva, mia madre mi aspettava seduta con le vicine sull’uscio di casa a chiacchierare, parlare di ricette e delle novità che succedevano nel rione.

Stasera, risentire quella vecchia canzone, mi ha fatto male mi ha trascinato indietro nel tempo, tanto indietro che neanche ricordavo più quanto tempo era passato.

Ho rivisto quei posti così come erano allora, ho ascoltato le nostre voci cantare quella canzone, ho sentito le nostre risate.

E lei sempre là, a divertirsi con noi, ad ascoltare i nostri segreti, sempre là, a poggiare sul mare tutta la sua luce.

E mentre intorno è cambiata ogni cosa, lei è rimasta uguale. Sempre luminosa e bella e stasera poi brilla come mai.

Voglio stare ancora un po’, voglio guardarla ancora un po’, guardare la sua bellezza che avevo quasi dimenticato, la sua bellezza che non notavo più da tanto tempo.

Stasera mi sembra più bella che mai, le note di quella vecchia canzone le danno quel tono romantico e forse un po’ malinconico.

Ti viene voglia di chiederle: ti ricordi di noi ?:

Quell’estate fu tutta loro, fu l’estate dei PROCOL HARUM di quella  loro canzone immortale.

Quella canzone era stata un tuffo in fondo al cuore, un tuffo negli anni più belli, quella canzone era: A WHITER SHADE OF PALE, in italiano era: UNA SFUMATURA PIU’ BIANCA DEL PALLIDO.

Proprio come il colore che ha LA LUNA stasera. Si, proprio uguale.