Carlo Gervasi: “Il mio cliente era entrato in piedi nel carcere è uscito uscito in sedia a rotelle. La sentenza apre nuove strade”.

Cronaca

È pacifico – scrive la Corte Europea dei Diritti dell’uomo nel suo dispositivo di sentenza- che il ricorrente soffriva di patologie ortopediche e neurologiche. Inoltre, precedenti referti medici e decisioni giudiziarie avevano indicato la necessità di una fisioterapia regolare se non costante, al punto che era stato ritenuto necessario un periodo di detenzione domiciliare.

I referti emessi prima del ritorno del ricorrente in carcere nel novembre del 2011 indicavano specificamente che aveva bisogno di fisioterapia di mantenimento due volte a settimana. Nonostante queste indicazioni durante i due anni in cui è rimasto in carcere, sembra che il ricorrente abbia avuto accesso solo a dieci sedute di fisioterapia

Questo il dispositivo di sentenza del 3 ottobre 2024 con il quale la Corte Europea dei Diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione (Proibizione della tortura – Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti). Lo Stato italiano è stato inoltre condannato al pagamento della somma di € 8.000 a titolo di risarcimento.

Il ricorso verteva sulla presunta incompatibilità dello stato di salute del ricorrente con la detenzione e la mancata prestazione di cure mediche adeguate in carcere.

Nel corso degli anni (il ricorso si trascina sin dal 2013) erano state presentate dall’avvocato Carlo Gervasi (difensore dell’uomo) diverse istanze per ottenere un trattamento consono alle stato di salute dell’uomo, in particolare, una detenzione domiciliare, così da poter dare avvio al ricovero in una struttura specializzata, ma venivano accordati solo brevi periodi di sospensione della pena.

Vi è stato, pertanto, un aggravarsi progressivo della malattia tale da costringere l’uomo, per la sua mobilità, all’utilizzo di una sedia a rotelle. Grazie alle cure ora ricevute il detenuto ha ripreso a camminare con le proprie gambe seppur con il supporto di una stampella.

Nel merito della sentenza ‘l’avvocato Gervasi così ha commentato: “Non è tanto importante il risultato singolo, quanto le strade che apre, essendo questa sentenza la prima in tal senso. L’elemento importante di questa decisione della Cedu è che viene rilevata l’inadeguatezza dell’assistenza per il detenuto in carcere“.

Sulla lentezza della giustizia della Corte Europea caustico il suo commento: “La giustizia italiana è lenta, ma anche quella della Cedu non è da meno. Io avevo presentato il ricorso nel 2013 e solamente adesso è arrivata la decisione”.