Spetterà loro chiarire lo sperpero di denaro pubblico e le molteplici zone d’ombra nella gestione del Distretto Urbano del Commercio galatinese.
Cronaca/di p.z.
Lo Statuto del DUC, (Distretto Urbano del Commercio) di Galatina prevede all’art.8 che l’Assemblea di detto organismo sia composta dai Soci fondatori, dai soci ordinari e da due consiglieri comunali: uno di maggioranza ed uno di minoranza.
E’ toccato quindi alla nuova Amministrazione provvedere alla designazione dei due consiglieri comunali al fine di garantire la rappresentatività dell’Ente in seno al DUC.
A ciò ha provveduto, il sindaco Fabio Vergine che con proprio decreto, il n.62/2022, ha nominato i consiglieri Angelo Sambati, in rappresentanza della maggioranza, ed Anna Antonica in rappresentanza della minoranza, rappresentanti del Comune all’interno dell’Assemblea del Distretto Urbano del Commercio conferendo loro i più ampi poteri a poter assumere ogni utile decisione.
Tutto facile sin qua sia per il Sindaco che per i due consiglieri comunali. Il bello comincia ora perché a tre anni dalla sua costituzione il Distretto dei suoi fini statutari ha realizzato poco se non nulla.
La rendicontazione dell’attività svolta, presentata in allegato al bilancio consuntivo del Distretto presenta zone d’ombra notevoli, se non buio totale. Bisogna cominciare col dire che l’Assemblea dei soci è rimasta numericamente invariata sin dalla sua costituzione iniziale.
Oltre ai soci fondatori (Comune-Confcommercio e Confesercenti), un solo privato ha dato la propria adesione. Da allora e dopo tre anni il numero dei soci è rimasto quello. Un motivo ci sarà pure.
Uno dei soci, la Confesercenti, non si sa, poi, se possa essere considerato tale: non risulta aver la propria quota di adesione.
In cambio, però, ha partecipato con il proprio CAT abbondantemente alla spartizione dei pani e pesci.
Il Distretto ha gestito nel 2019 entrate per 57.305 euro. Risultano tra le entrate 42.250 di contributo regionale, 13.755 di cofinanziamento comunale, 1.000 di quota del socio fondatore Confcommercio e 300 del socio privato.
Detta somma è stata, fatta eccezione dell’importo di 4.652 euro peraltro suddiviso nel 2020 tra le due stesse associazioni di categoria, è stata spesa nel 2019. La rendicontazione fatta è qualcosa da cui partire per i nuovi consiglieri comunali per capire e spiegare alla gente il fallimento del Distretto.
Dal Rendiconto del 2019 si deduce che 43.000 euro sono finiti nelle casse della Confesercenti per attività di CAT (Centri di Assistenza tecnica). Per la stessa motivazione sono in uscita 18.600 euro alla Confcommercio.
Tra le voci in uscita la più consistente, 25.000 euro, sono sati per una piattaforma smartcuc online. La piattaforma è inattiva, vuota. Se uno scheletro di piattaforma è costato 25.000 euro quale sarà, se mai vi sarà, il suo costo finale?
Le due Associazioni di categoria avrebbero fatto anche programmazione e formazione. L’assistenza per la formazione del programma del Distretto è costata 12.900 euro. Di quale programma si parla?
Ci sono poi 8.600 euro di corsi di web marketing e lingua inglese. Non è dato di sapere chi è stato il docente, di quali corsi si tratti, la spesa di ciascun evento, la rendicontazione degli stessi, il numero dei partecipanti risultanti da fogli di presenza e soprattutto le risultanze di detti corsi.
Inoltre quali e quanti sono stati gli interventi per la formazione del programma da giustificare un costo di 12.900 euro?
Infine se gli aderenti all’Assemblea del Distretto erano e sono rimasti sempre 4, di cui uno non pagante ma soltanto incassante, non sarebbe il caso di dichiarare il fallimento dello stesso e, magari, se fosse il caso ripartire da capo ma con attori diversi oppure chiudere battenti? Soprattutto alla luce del nuovo finanziamento da parte della Regione Puglia di 52.000 a cui si dovrebbe aggiungere la quota di cofinanziamento comunale aspettiamo che facciano la stessa ingloriosa fine?