La provincia di Lecce si conferma, ancora una volta, caratterizzata da forti squilibri sociali, a causa della recessione economica e dell’evasione.
Lecce – Aumentano i contribuenti e i redditi dichiarati. Sono comunque pochi i «paperoni» e non mancano i furbi. In provincia di Lecce, sono 515.122 i contribuenti che assolvono al pagamento dell’Irpef, l’imposta sui redditi delle persone fisiche (contro i 513.017 dell’anno precedente).
A rilevarlo uno studio condotto dall’Osservatorio economico di Davide Stasi, in collaborazione con l’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili (Aidc), sezione di Lecce, sulla base delle dichiarazioni presentate nel 2017, all’Agenzia delle entrate, attraverso i modelli 730 ed Unico.
La provincia di Lecce si conferma, ancora una volta, caratterizzata da forti squilibri sociali, a causa della recessione economica e dell’evasione.
In particolare, nel Salento, sono 243.431 i lavoratori dipendenti. Il reddito medio è di 15.554 euro (l’ammontare complessivo dei redditi percepiti dai dipendenti è di tre miliardi 786 milioni di euro).
Gli autonomi sono 8.728, con un reddito medio di 32.790 euro (l’ammontare è di 286 milioni di euro). I pensionati sono 200.511, con un reddito medio di 14.097 euro (l’ammontare è di due miliardi 826 milioni di euro). I restanti incassano redditi derivanti da partecipazioni oppure sono di spettanza dell’imprenditore in contabilità ordinaria o semplificata.
All’Erario, i salentini versano, in tutto, al netto però delle deduzioni e delle detrazioni, oltre un miliardo e 200 milioni di euro. Per la precisione, un miliardo 217 milioni 421mila euro, a cui si aggiungono altri 92 milioni 775mila euro per l’addizionale regionale ed ancora 44 milioni 393mila euro per l’addizionale comunale. Il reddito imponibile Irpef si attesta a sette miliardi 539 milioni 950mila euro.
Il cosiddetto «bonus Renzi», ovvero gli 80 euro mensili in busta paga, è stato elargito a 132.120 contribuenti, per un ammontare complessivo di 107 milioni 708mila euro.
Più in dettaglio, la maggior parte dichiara redditi inferiori ai 10mila euro: sono 214.377 e rappresentano il 41,6 per cento del totale. Inoltre, in 2.368 casi, il reddito risulta negativo o pari a zero, grazie agli oneri deducibili e detraibili.
Seguono i contribuenti con un reddito compreso tra i 15mila e i 26mila euro: sono 118.243, pari al 23 per cento.
Quelli che dichiarano da 10mila a 15mila euro sono 89.920, ovvero il 17,5 per cento.
Si fermano a 70.298 i contribuenti con redditi da 26mila a 55mila euro e corrispondono al 13,6 per cento.
Pochi i lavoratori o i pensionati che superano la soglia dei 55mila euro: in 5.549 hanno dichiarato di aver percepito tra i 55mila e i 75mila; in 3.981 si collocano nella fascia 75mila e 120mila e solo in 1.373 hanno superato i 120mila.
Nonostante la crisi, si registra, nel complesso, una lieve crescita dei volumi di reddito dichiarati e dell’imposta dovuta. Dallo studio, però, emergono forti diseguaglianze. Basti pensare che nella città di Lecce non superano la soglia dei 10mila euro ben 20.111 contribuenti. Seguono Nardò (8.928 contribuenti), Copertino (7.209), Galatina e Gallipoli (6.570), Casarano (5.369), Leverano (4.726), Tricase (4.496), Galatone (4.111), Ugento (4.050), Veglie (4.043).
Va sottolineato che stanno aumentando il numero dei contribuenti nelle fasce di reddito più basse, mentre diminuiscono, progressivamente, quelli nelle classi di reddito più elevate, a conferma che la ricchezza va a «concentrarsi» nelle mani dei più facoltosi.
«La ricchezza – spiega Davide Stasi – è uno dei principali indicatori del benessere socio-economico in una società: conoscerne l’ammontare, misurarne gli incrementi nel tempo e valutarne la distribuzione, anche in relazione alla tipologia di reddito percepito e ai fattori socio-demografici è fondamentale per la costruzione di quadri di comprensione della società stessa e del suo progresso. Queste elaborazioni si riferiscono alle dichiarazioni del 2017, relative all’anno d’imposta 2016. Il contesto macroeconomico di quell’anno è stato caratterizzato da un Pil in crescita (+1,7 per cento in termini nominali e +0,9 per cento in termini reali) che ha consolidato il processo di ripresa già iniziato nel 2015».
«Tra le novità fiscalmente più rilevanti sul fronte Irpef nell’anno d’imposta 2016 – evidenziano, invece, i commercialisti Aidc – si segnala che la Legge di Stabilità 2016 aveva reintrodotto un sistema di tassazione agevolata per i premi di produttività del settore privato (ovvero un’imposta sostitutiva Irpef e relative addizionali al 10 per cento) e rispetto alla misura prevista negli anni precedenti, sono stati apportati alcuni elementi di novità. In particolare – spiegano – l’importo agevolabile è stato fissato a 2mila euro lordi ed elevato a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro; è stata ampliata la platea dei beneficiari, in quanto il limite del reddito da lavoro dipendente, percepito nell’anno precedente, non doveva essere superiore a 50mila euro (nel 2014 il tetto era di 40mila euro); l’applicazione del regime agevolato è stato esteso alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili d’impresa, intendendosi gli utili distribuiti; è stata prevista la possibilità, a richiesta del lavoratore, di ricevere i premi sotto forma di benefit che non scontano alcuna tassazione nei limiti previsti».
«Rispetto al 2015 – sottolineano – gli oneri deducibili registrano un lieve incremento, grazie all’aumento dei versamenti nei fondi della previdenza complementare, dei contributi previdenziali ed assistenziali, nonché delle spese mediche sostenute per i portatori di handicap. Crescono pure le detrazioni per le spese di recupero edilizio (al 50 per cento), quelle finalizzate al risparmio energetico (65 per cento) e quelle per l’arredo degli immobili ristrutturati. In ultimo, riguardo agli oneri deducibili al 19 per cento, sono stati anche inseriti i canoni di leasing per l’acquisto di immobili da adibire ad abitazione principale e i premi per le assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave».