“La città che fu, quella che descrive mia madre è oggi un’immagine sbiadita di un vecchio album fotografico”.
Starei volentieri per ore a sentire la “descrizione” della città nei discorsi di mia madre. La descrizione della mia “città” con tutti i servizi possibili e con chi faceva a gara per avere sede in una città la cui centralità in provincia era indiscussa.
Con le sue circolari, quella rossa e quella azzurra che la attraversavano e le sue sale cinematografiche che funzionavano a meraviglia, sabato e domenica posti in piedi.
A guardarla ora c’è da rabbrividire per come “l’abbiamo ridotta” per come a poco a poco ha perso la sua vivacità e la sua vocazione attrattiva, quel suo essere avanti nelle scelte, nelle cose, in tutto.
E si arriva sempre all’amara e malinconica conclusione d’ essere come una “stella cadente” come una “stella senza più un cielo”.
E il discorso si intristisce, si carica di malinconia e di nostalgia, si carica di rabbia e frustrazione, di rimpianti e di ricordi.
Dovessi dare un colore alla politica, gli darei il “BLU”, blu notte, forse perché nel mio paese non fa mai luce. Neanche un po’.
Viviamo ormai in una città invisibile e forse anche noi siamo o stiamo per diventare invisibili.
Viviamo in una città ripetutamente “commissariata”, una città che cammina all’indietro.
Viviamo in una città “decaduta” e devastata dalla politica, dove la gente si indigna e bestemmia ma poi si accorge che mai nulla cambia.