Il Sedile

Borgo San Nicola, condizioni di vita e di lavoro da emergenza sociale.

“Sovraffollamento e carenza di organico sconfessano la Costituzione”. Una delegazione della Cgil e della Fp Cgil ha incontrato la direttrice del carcere

Eventi

“Migliorare le condizioni di vita e di lavoro a Borgo San Nicola”. Nei giorni scorsi una delegazione provinciale della Cgil e della Fp Cgil è stata ricevuta dalla direttrice della casa circondariale, Maria Teresa Susca, per aprire un’interlocuzione sulle problematiche vissute dagli agenti penitenziari. E anche da chi nel carcere è costretto a viverci per espiare una pena.

È emerso un quadro allarmante. Borgo San Nicola “ospita” 1.200 persone laddove dovrebbero essercene al massimo 740, con un tasso di sovraffollamento che sfiora il 40%.

Carenza di organico. Una situazione vissuta in tutti i penitenziari d’Italia, ma che a Lecce è amplificata dalla dimensione dell’istituto, il più grande in Puglia. L’emergenza è gestita da anni in uno stato di affanno, vista la grave carenza di organico. “In una situazione ottimale, quindi senza sovraffollamento, per garantire la sicurezza all’interno del penitenziario e durante le traduzioni, il personale di polizia penitenziaria dovrebbe essere composto da almeno 570 unità”, spiegano Tommaso Moscara, segretario generale della Cgil Lecce, Fiorella Fischetti, segretaria regionale della Fp Cgil, e Francesco Donateo, coordinatore Polizia Penitenziaria della Fp Cgil Lecce. “A Borgo San Nicola invece operano 527 agenti, quindi 43 in meno, a fronte di un carcere sovraffollato. Inoltre abbiamo la spada di Damocle dei pensionamenti: ne sono previsti 40 entro il 31 dicembre. È intollerabile”. La delegazione riconosce l’impegno della direzione e del corpo di polizia penitenziaria per gestire al meglio la sicurezza. “Non deve essere semplice”, dicono i sindacalisti. “È possibile riuscirci solo grazie all’abnegazione del personale, che si ritrova a condividere disagi e situazioni critiche con la popolazione carceraria, ad affrontare turni prolungati, spesso a rinunciare a ferie e riposi”.

Primo semestre da incubo. La mole di lavoro è oggettivamente enorme e gli agenti si ritrovano spesso a dover gestire in solitudine interi reparti. Particolarmente difficile l’attività del Nucleo Traduzioni e piantonamenti, il cui organico dovrebbe essere composto da 78 lavoratori, e invece ne conta appena 49 (un terzo in meno e ben 8 sono prossimi alla pensione): nel primo semestre dell’anno questi 49 lavoratori hanno gestito 1.139 traduzioni (ossia spostamenti di detenuti da e per il carcere) che hanno riguardato 2.409 detenuti, per una media di oltre 6 spostamenti al giorno. Tra queste, 77 si sono svolte su scala nazionale, 247 a livello regionale e 816 nella provincia. Ben 872 traduzioni tra visite sanitarie urgenti (141) e visite programmate (731). A questi numeri vanno aggiunti 37 piantonamenti.

Il commento. “Tutto ciò si traduce in una difficoltà quotidiana nel garantire sicurezza, sanità, rieducazione ai detenuti e diritti e salute ai lavoratori, sottoposti ad uno stress psicofisico notevole. L’errore più grande che si possa fare è confinare questa emergenza nel recinto del carcere, considerarla un mero problema di carattere organizzativo che produce effetti solo all’interno delle celle. Nelle condizioni attuali i problemi del carcere, di insicurezza, di disumanità, di emergenza si riversano quotidianamente nella società. Aggravando di fatto l’insicurezza esterna. Garantire condizioni di lavoro e di vita dignitose in carcere, consente invece di rispondere pienamente al dettato costituzionale, secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. La Cgil ha già da tempo messo in luce la necessità di provvedimenti concreti che intervengano innanzitutto sul sovraffollamento e sul miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro negli istituti penitenziari, il governo invece ha emanato un provvedimento che non avrà alcun effetto sul miglioramento della condizione di vita e di lavoro negli istituti penitenziari e che non inciderà sul sovraffollamento. Anche le assunzioni annunciate dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), appena 1.000, sono del tutto insufficienti a colmare le carenze organiche su scala nazionale (attualmente mancano circa 7.000 unità)”.

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