Cronaca/Politica/di Caterina Luceri coordinatrice Italia Viva Galatina
Durante lo scorso Consiglio regionale si è scritta l’ultima triste pagina di questi 5 anni di amministrazione:
non si è approvata la doppia preferenza di genere e alle 2 di notte dopo ore ed ore di accese discussioni tra maggioranza ed opposizione, la maggioranza ha lasciato l’aula facendo venir meno il numero legale e portando alla chiusura dei lavori senza nulla di fatto.
Dell’adeguamento alla normativa statale sulla doppia preferenza si sta parlando però da tempo e non sono bastate le sollecitazioni di uomini e donne, non è bastata la diffida da parte del Governo per far attuare una legge promulgata dallo Stato nel 2016.
Tutto questo non è bastato, si è aspettato l’ultimo momento utile per poi dare comunque uno schiaffo all’equilibrio di genere nell’accesso alle cariche rappresentative, principio garantito e tutelato dalla Costituzione.
La doppia faccia della stessa medaglia: da una parte la destra con i suoi 2.000 emendamenti, dall’altra un Presidente di Regione che in quattro anni non è riuscito a rendere operativa la legge sulla doppia preferenza di genere anche qui in Puglia. Una sconfitta clamorosa non solo di tutto l’emiciclo ma anche dei diritti ed in particolare di quelli delle donne.
Ancora più clamoroso è stato il motivo della scelta di non proseguire oltre annunciata dal capogruppo PD: quello dell’approvazione di un emendamento dell’opposizione che non avrebbe permesso la candidatura di Pierluigi Lopalco tra le fila dei sostenitori del Presidente uscente.
Facendo cadere il numero legale, non permettendo l’approvazione del pacchetto di norme sulla preferenza di genere, si è salvata la candidatura dell’epidemiologo. Un doppio schiaffo. Ora come già preannunciato dalla diffida entrerà in gioco il Governo che applicherà i suoi poteri sostitutivi rendendo finalmente la doppia preferenza di genere realtà anche in Puglia, farà quello che il Consiglio non è riuscito a fare in ben 4 anni.
Allo stato delle cose si capisce come sia tempo di un cambio di rotta, come questo Consiglio non rappresenti più un tessuto sociale fatto di donne capaci e competenti, di donne che possono e devono far sentire la loro voce anche nei luoghi della politica istituzionale e delle decisioni.
Non basta prendersi la responsabilità dopo anni di inerzia, non basta lo squallido scarica barili tra maggioranza e opposizione, non basta dire che la parità di genere è fondamentale ma poi non mettercela tutta per applicarla anche sacrificando qualche interesse personale e non. La possibilità di voltare pagina c’è e ne abbiamo assoluta necessità, ricordiamocelo quando andremo a votare.