C’era una volta il carnevale, poi pian piano non l’abbiamo più aspettato.
Galatina – Era uno dei periodi più belli ed aspettati dell’anno, a metà strada tra Natale e Pasqua.
Il paese era in festa ed i “cinema” per l’occasione liberavano la platea dalle sedie per fare una grande pista da ballo.
Si organizzavano “veglioni” uno dopo l’altro e in quel periodo la nostra città diventava il centro del mondo.
Se chiudo gli occhi, vedo ancora l’immagine del Cavallino Bianco strapieno in tutti gli angoli, tutti i suoi parchi pieni e poi coriandoli e stelle filanti che sembravano scendere dal cielo.
I cantanti che allietavano le serate erano sempre i migliori, da Modugno a Mina, Morandi, Bongusto, Vanoni e tanti altri che non ricordo.
Quelli che in poche parole, riempivano il “cinema” con gente che arrivava da tutta la Puglia.
E noi allora giovanotti, con i nostri capelli lunghi, l’immancabile vestito di velluto e i mocassini di vernice sui calzini bianchi, a infilarci dappertutto.
C’era poi lo spettacolo nel paese, maschere sempre in giro, non posso fare a meno di ricordare quel carnevale con i miei genitori, di fronte all‘ orologio in mezzo a una folla impressionante e poi tutte le strade del centro tra sfilate di carri e maschere.
In piazza ci si arrivava sempre ricoperti di coriandoli.
Non ricordo più tutta la scaletta degli avvenimenti dell’epoca, cominciava il veglione della CACCIA, poi DELLO STUDENTE, il veglionissimo AZZURRO, quello del COMMERCIALE e poi il VEGLIONCINO dei BAMBINI, chiudeva il carnevale.
Un avvenimento dietro l’altro da perdere il conto e il sonno, quanti forse non se ne sono visti più da allora in poi.
Era questo il carnevale dei miei tempi, maschere e musica.
In maschera a scherzare per intere serate con qualcuno senza farsi riconoscere, cercando di non fornire particolari o dettagli, che ci potessero fa riconoscere, ci facessero scoprire, mentre in casa le mamme, si sfidavano in cucina a preparare le “chiacchiere” chiacchierando a loro volta.
Sono rimaste solo le manifestazioni più importanti a far sentire il carnevale, ma nei paesi, nei borghi, nei centri storici non si respira più quell’aria di festa, fatta di scherzi, travestimenti e chiacchiere.
Forse abbiamo un po’ perso il gusto di scherzare, di prenderci in giro, forse ci sono troppe maschere in giro ogni giorno, forse maschere di dolore, di rabbia, di falsità, di preoccupazioni.
Forse ci siamo un po’ spenti e stiamo perdendo una bellissima tradizione.
C’era una volta il carnevale, poi pian piano non l’abbiamo più aspettato, non l’abbiamo più apprezzato, l’abbiamo sentito inutile e lo abbiamo allontanato.
I bambini, soprattutto, non ce lo perdoneranno mai.
Ho scritto questa “lettera” domenica in una chiesa non italiana, durante la messa.
Dio mi perdonerà, sono sicuro.