Cronaca/di Coldiretti Puglia

E’ sos pesce pugliese con la flotta tricolore che negli ultimi 35 anni ha perso quasi il 40% delle imbarcazioni con un impatto devastante su economia e occupazione di un settore cardine del Made in Italy, ulteriormente aggravato dall’emergenza Covid e dalle restrizioni.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti Impresapesca della Puglia, in riferimento alle aree di restrizione della pesca (Fisheries restricted areas – Fra) in tutto il mare Adriatico,  in particolare una nel canyon di Bari e un’altra nell’Adriatico meridionale, istituite dalla Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM).

Gli effetti combinati dei cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia sempre più asfissiante impattano sulla sopravvivenza delle 1.500 imbarcazioni pugliesi – ricorda Coldiretti Puglia – ma anche sulla salute dei cittadini poiché con la riduzione delle attività di pesca viene meno anche la possibilità di portare in tavola pesce Made in Italy, favorendo le importazioni dall’estero di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelle tricolori.

Gli operatori lamentano che siamo difronte solo a restrizioni – spiega Coldiretti Impresapesca Puglia – senza efficaci sostegni in materia di sostenibilità economica e sociale, con una flotta che ha ormai un età media che si avvicina a 40 anni ed addetti che hanno un età media interno ai 51 anni, a fronte di una mancanza di supporti comunitari alla flotta e senza un valido sistema di ammortizzatori sociali per i lavoratori è difficile sperare in un rilancio.

“Intanto, provengono dall’estero già 8 pesci su 10 che finiscono sulle tavole. Per non cadere in inganni pericolosi per la salute – afferma il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia – occorre garantire la trasparenza dell’informazione ai consumatori dal mare alla tavola estendendo l’obbligo dell’indicazione di origine anche ai menu dei ristoranti con una vera e propria ”carta del pesce’. Passi in avanti sono stati fatti sull’etichettatura nei banchi di vendita, ma devono ora essere accompagnati anche dall’indicazione della data in cui il prodotto è stato pescato”, aggiunge Muraglia.

A peggiorare ulteriormente la situazione ha contribuito – spiega Coldiretti – la pandemia con il crollo di oltre il 30% degli acquisti di pesce da parte della ristorazione dall’inizio dell’emergenza sanitaria, senza dimenticare l’aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni, con i pescatori che hanno continuato a uscire in mare per assicurare le forniture di pesce fresco ai consumatori.

“In Puglia paradossalmente i consumi di pesce sono già tra i più bassi d’Italia – aggiunge il presidente Muraglia – nonostante sia una regione con una tradizione marinara molto forte. Solo il 56,6% dei pugliesi consuma pesce almeno una volta alla settimana, al 14esimo posto della classifica nazionale. La diminuzione del consumo di pesce azzurro impatta direttamente anche sulla salute, visto che questi prodotti hanno importanti caratteristiche nutrizionali, essendo i più ricchi in assoluto per contenuto di Omega3, che proteggono il cuore, sostengono il metabolismo e combattono l’invecchiamento”.

Alla difficoltà economiche aggravate dalla pandemia – continua Coldiretti – si aggiungono quelle legate alla drastica riduzione dell’attività di pesca imposte dalla dalle normative europee e nazionali. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per alcuni segmenti di flotta a poco meno di 140 di media all’anno, rendendo non più sostenibile l’attività di pesca per una buona fetta della flotta nazionale considerata anche l’assenza di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni.

E intanto la flotta peschereccia pugliese, denuncia Coldiretti regionale, ha perso oltre 1/3 delle imprese e 18.000 posti di lavoro, con un contestuale aumento delle importazioni dal 27% al 33%. Di assoluto rilievo i numeri del settore in Puglia, conclude Coldiretti, il cui valore economico è pari all’1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l’intero indotto, conta 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura. Le aree vocate sono prioritariamente Manfredonia, Molfetta, sud Barese, Salento, dove il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi, merluzzi.

Ma a pesare è anche l’impatto dei cambiamenti climatici – rileva Coldiretti regionale – che ha profondamente mutato la disponibilità di pescato. Sono apparse nuove specie non comuni nel Mediterraneo e stanno diventando rare specie fino a ieri comuni nei nostri mari.  Pesci, come ad esempio le alacce o la lampuga, sino a qualche anno fa scarsamente presenti a certe latitudini, sono oggi diffusamente presenti nelle acque del centro-nord Adriatico e del Tirreno, mentre sono andate in sofferenza specie tradizionali come le sardine o le alici, messe in crisi dall’innalzamento delle temperature.