La materia della manutenzione degli impianti termici è in preda ad un vero e proprio caos.

Cronaca/di Confartigianato Puglia

Pronti alla mobilitazione gli impiantisti ed i manutentori termo-idraulici pugliesi. La categoria lancia l’ultimatum per l’applicazione delle nuove norme sul catasto energetico regionale.

In Puglia la materia della manutenzione degli impianti termici è in preda ad un vero e proprio caos. Questi i fatti. Nel 2013, in attuazione di direttive comunitarie del 2010, l’Italia approva una legge – il Decreto del Presidente della Repubblica (Dpr) 74 – in cui vengono stabiliti i criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione ed ispezione degli impianti termici per il riscaldamento e la climatizzazione degli edifici.

Tra le altre cose, la norma individua l’obbligo di procedere a controlli periodici di efficienza energetica, con frequenza prestabilita in funzione della tipologia dell’impianto, della fascia termica di potenza e del tipo di combustibile. Alle Regioni viene affidata la responsabilità di determinare le tempistiche e le modalità di concreta applicazione delle disposizioni, nonché la relativa supervisione.

A dicembre del 2016, dopo una gestazione prolungata, la Regione approva la legge numero 36/2016, a recepimento del Dpr 74, demandando tuttavia i relativi aspetti applicativi a successivi atti di Giunta. Ma l’avvicendamento degli assessori e dei relativi dirigenti competenti ed un dibattito molto articolato, hanno allungato i tempi: ci sono voluti quasi due anni per giungere alla pubblicazione del testo dei provvedimenti attuativi.

Non solo: la delibera di Giunta riportante le nuove «disposizioni e criteri per l’esercizio, il controllo, la manutenzione e l’ispezione degli impianti termici», recita all’articolo 14 che «l’entrata in vigore delle presenti disposizioni di dettaglio sarà stabilita con determinazione del dirigente della competente struttura regionale». Solo che, ad un anno di distanza dall’approvazione dei provvedimenti attuativi e ben tre anni dalla legge regionale 36, di tale determinazione non c’è ancora traccia.

La questione comporta una serie di conseguenze a cascata: negli ultimi anni, infatti, le Province e, in alcuni casi, i singoli Comuni hanno creato sistemi del tutto autonomi e indipendenti con regole molto diverse tra loro per quanto concerne tempistiche e modalità di espletamento delle campagne di controllo degli impianti, versamento dei relativi tributi (i cosiddetti «bollini»), sanzioni nei confronti dei soggetti inadempienti, eccetera. Tutti elementi che la nuova normativa – se solo fosse applicata – riporterebbe ad omogeneità anche tramite la creazione di un catasto regionale degli impianti.

Ciò a tutela del principio di parità di trattamento dei cittadini e degli stessi operatori economici, oggi costretti a cambiare continuamente norme di riferimento in caso di operatività a cavallo tra diverse Province o Comuni.Forti dell’incertezza e del caos burocratico, molte autorità territoriali continuano a comportarsi ora secondo regole proprie, ora secondo le norme regionali seguendo la convenienza del caso e senza alcun coordinamento.

Di qui la protesta degli impiantisti e manutentori aderenti a Confartigianato. «Abbiamo atteso fin troppo: la situazione non è più tollerabile», commenta Luigi Ficelo, presidente degli impiantisti e manutentori termo-idraulici di Confartigianato Puglia. «È troppo tempo, oramai, che aspettiamo la concreta attuazione anche nella nostra regione dei dettami del DPR 74.

In realtà la collaborazione con la Regione per la stesura della nuova disciplina è stata proficua: tanto la legge 36 che i relativi provvedimenti attuativi contengono disposizioni assolutamente valide e all’avanguardia. Eppure siamo qui, fermi ad un centimetro dal traguardo: senza delibera dirigenziale e senza catasto energetico quelle norme sono evanescenti e – complice la burocrazia di Comuni e Province e la loro operatività messa in crisi dalla riforma Delrio – oggi in Puglia ognuno fa un po’ come gli pare.

Secondo Ficelo, «alcuni territori non attivano le campagne di controllo degli impianti da molto tempo, altri irrogano sanzioni in forza di regolamenti provinciali oramai superati dalla nuova legge regionale 36, altri interpretano le leggi in maniera fantasiosa, invocando ora norme abrogate ora quelle ancora prive d’attuazione. A farne le spese sono certamente i cittadini ma anche i manutentori, in balìa di decisioni arbitrarie e prive di qualsivoglia coordinamento, percepiti dall’utenza come un esercito di esattori e non come i garanti della sicurezza dei loro impianti.

Mancano, insomma, regia e coordinamento: ruoli che sono di competenza della Regione. Quest’ultima, infatti, sebbene abbia deciso di delegare le attività alle autorità territoriali non può rinunciare a controllarne l’operato. Prova ne sia che, in caso di inadempienze, può avocare nuovamente a sé le relative funzioni.

La corretta applicazione della normativa non solo sovraintende alla sicurezza dei cittadini: è anche fondamentale per il controllo delle immissioni di inquinanti in atmosfera, di cui gli impianti di riscaldamento sono in larga parte responsabili nell’ambito urbano. I dati pubblicati dall’ISPRA sull’argomento parlano chiaro. Francamente stupisce che la Regione Puglia, sempre così attenta a rimarcare un indirizzo politico ambientalista, prenda sottogamba una situazione che impatta in maniera diretta e pesante sulla qualità dell’aria che respirano i pugliesi. 

Non si contano le nostre segnalazioni e sollecitazioni agli uffici regionali. Eppure – conclude Ficelo – ci apprestiamo ad affrontare l’ennesimo inverno nel caos, senza riscontri né passi in avanti. La misura è colma: se la situazione non si sbloccherà in tempi brevi, agiremo di conseguenza, anche arrivando ad una massiccia mobilitazione della categoria».