La celebrazione del IV Novembre si è svolta ieri in città davanti ad una folta rappresentanza di cittadini assiepata davanti al monumento ai caduti   

IV novembreIV novembre1IV novembre2Cronaca/ di Rosanna Verter

Galatina – Piazza Alighieri con il suo Monumento ai Caduti è un luogo caro, dal 1928, a tutti noi galatinesi. Il 4 Novembre di ogni anno ci ritroviamo, davanti a questo simbolo dell’identità e del culto della memoria di una comunità locale ,voluto dal dr. Vito Vallone, a ricordare i nostri concittadini, che sono stati chiamati a difendere in prima persona la Patria e sono morti in quella vicenda terribilmente drammatica, ed a festeggiare l’Unità d’Italia e le Forze Armate. Questo 2015 è anno di compleanni istituzionali e testimonianza di importanti eventi storici. Cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale e settanta dalla fine del secondo conflitto.

Quali sono state le riflessioni ufficiali per questo 4 Novembre 2015? Che cosa è stato detto?

Il giovane liceale della IV B, Emanuele Guido, di fronte alla targa “Atene Roma” che ricorda gli studenti ed i professori dello storico Colonna, ha letto questo sua riflessione:

«Dopo cento anni, è nostro diritto, e non solo dovere, poter ricordare ciò che è stato, per non abbandonare all’oblio la memoria. Questa targa ricorda studenti, come me e come molti, che amavano i mondi greco e latino, come me e come molti, che godevano della propria vita, con gioie e dispiaceri, come me e come molti, figli d’Enea, che antepose un volere superiore alla propria libertà, figli d’Enea, partirono per non fare ritorno. A me non piace pensare al loro sacrificio come ad un atto eroico e virile, come quello di Achille che, conscio di partire per una guerra che lo avrebbe depredato della vita, decise di immolarsi per fama e glorie future; preferisco, invece, immaginare questi miei coetanei, inesperti, non avvezzi alla guerra, matricole della vita, che tremano, soffrono, piangono, si infondono coraggio vicendevolmente con flebili sussurri, spalancano occhi allucinati davanti ad una granata nemica gettata contro di loro, e, nell’arco di un istante, saldano il conto della propria esistenza, senza nome né coraggio. A noi rimane solo una tenue nostalgia di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato.

Sono le piccole tragedie a confezionare un grande dramma.

Dopo cento anni, il catastrofico scempio della Grande Guerra è un’immagine sfocata, lontana, distante, remota per i nostri occhi: è la reminiscenza di una vita che non abbiamo vissuto ma è presente in noi, nelle nostre mani e nel nostro sangue, seppur labile, latente, ma pulsante. Forse, tutto ciò è eredità della concezione greca della colpa, che veniva tramandata di padre in figlio e doveva, inesorabile, essere scontata dalle future generazioni: noi non dobbiamo scontare questa colpa, di essere caduti nelle tentazioni e nei tranelli di Ares, dio della guerra, ma dobbiamo, altresì, diventarne coscienti e impedire un suo ripetersi nell’avvicendarsi delle stagioni umane.

Dopo cento anni, ad uno ad uno, gli studenti del Liceo Colonna che caddero per Noi, per la nostra Libertà, rappresentano il vero volto della guerra, che è negazione della vita ed estuario della violenza cruda e spietata.

Essi persero tutto, ci garantirono tanto, non sono più nulla.

Si immolarono, sacrificandosi, per la vita, attraverso la morte.

Se ora ci riteniamo una nazione unita, completa, piena, è anche grazie a ogni singolo caduto, è anche grazie ad ogni singolo studente del Colonna. Ognuno con una storia, una morte, una speranza, un destino differenti.

Tutti hanno combattuto, molti sono morti, nessuno deve essere dimenticato. Uno fra tutti: Pierantonio Colazzo.

Se fosse toccato a me?

Se al posto di quel giovane fucilato, mentre tentava un assalto alla trincea nemica, ci fossi stato io?

Se nella trincea, morto per assideramento o per le ferite riportate in battaglia, ci fossi stato io?

Non una guerra del passato, ma un monito per il futuro, mai più mattatoi di sangue in cui mandare a morire gli uomini: la guerra non è soluzione di dissidi ma dissoluzione dell’umanità.

Dopo cento anni, nessun caduto è morto, ma vive: nella nostra memoria, nel nostro ricordo, nella nostra coscienza, nel nostro animo.

Disse una volta John Fitzerald Kennedy, un grande statista, ma, soprattutto, un grandissimo uomo: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità”»

Dopo la deposizione della corona il lungo corteo si è diretto verso il Monumento dei Caduti ed è qui che il Sindaco dr Cosimo Montagna ha consegnato l’encomio solenne all’agente scelto della Polizia di Stato Andrea Ciarfera con la seguente motivazione: “Per l’alta professionalità, il coraggio ed il senso del dovere dimostrati, in data 9 ottobre 2014: nel corso dell’alluvione di Genova dopo aver soccorso numerose persone notava una donna venire trascinata dalla furia dell’acqua e, incurante della forza della corrente e della presenza di numerosi detriti, si gettava nelle acque ed afferrava la donna salvandole la vita. Tale quotidiana abnegazione la si intende additare quale esempio alle giovani generazioni”. Visibilmente commosso ha ringraziato dedicando questo suo encomio al giovane centauro collemetese, suo amico, deceduto nell’incidente stradale di ieri.

Il Sindaco nel suo saluto alla cittadinanza ha ricordato che il 4 novembre segna la fine della guerra ma negli anni a seguire altre dure prove ed eventi luttuosi hanno segnato la nazione e che il sacrificio dei nostri caduti deve essere di esempio per tutti. Ha sottolineato che la pace non può prescindere dall’impegno delle forze armate che continuano a dare il loro contributo nell’ambito delle organizzazioni internazionali per fronteggiare l’escalation del terrorismo che ha raggiunto un livello di crudeltà spaventosa. Si è appellato alla comunità europea ed internazionale per ristabilire le condizioni di convivenza civile affinché garantisca il diritto di vivere nella sicurezza e nella libertà. Un brevissimo pensiero lo ha rivolto ai nostri Fucilieri, Latorre e Girone, con l’auspicio che possano ritornare alle loro vite familiari e professionali. Ha concluso il suo dire convinto che “in ogni cittadino di Galatina esista un forte sentimento di Patria pronto ad accogliere i valori della lealtà, della giustizia e della vera pace”.