Cronaca/ di Coldiretti Puglia

Dal pesce al latte, dalle uova alla frutta e così via quasi per ogni prodotto estero, i cibi stranieri importati che hanno varcato anche i confini pugliesi hanno provocato quasi un allarme alimentare al giorno.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf), in occasione degli incontri di Coldiretti in Puglia con alcuni candidati alle elezioni europee che rappresentano una occasione per porre il tema della sicurezza alimentare e della trasparenza dell’informazione ai consumatori in cima all’agenda politica, unitamente ad una forte presa di posizione sulla riforma della PAC.

Sul totale dei 398 allarmi che si sono verificati in Italia nel 2018 – sottolinea la Coldiretti – solo 70 (17%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale, 194 provenivano da altri Paesi dell’Unione europea (49%) e 134 da Paesi extracomunitari (34%).

La scelta dell’Europa su questo argomento è stata ancora una volta miope: ha scelto di guardarsi indietro – aggiunge Coldiretti – tradendo le aspettative dei consumatori e di tutti quegli operatori del made in Italy che competono lealmente, agendo sulle leve della qualità e della fiducia dei consumatori. Occorre infatti migliorare e armonizzare – con un incessante interlocuzione di tutte le parti coinvolte – tutti quegli accordi di libero scambio (Ceta, Giappone, e in prospettiva il Mercosur, Nuova Zelanda) che potrebbero minacciare le nostre identità e le nostre produzioni. E’ necessario che tutti gli accordi vengano ratificati dai parlamenti nazionali e dal punto di vista commerciale ed economico contestiamo innanzitutto l’esiguità della strumentazione prevista in tali accordi per difenderci dall’agro-pirateria e più in generale dal cibo falso, insiste Coldiretti.

Ne sono un esempio secondo la Coldiretti le condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, carciofi, olio di oliva, all’Egitto per fragole, uva da tavola e finocchi, oltre all’olio di oliva dalla Tunisia dove non valgono certamente gli stessi standard produttivi, sociali ed ambientali vigenti in Italia.