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“In caso di un prossimo auspicabile nuovo intervento in favore delle attività economiche in difficoltà, andrebbe determinato una sorta di

conguaglio” del contributo a fondo perduto spettante, che tenga conto dei contributi sinora ricevuti, in modo da riconoscere a ciascun operatore economico un importo a titolo definitivo sulla base del medesimo e più congruo criterio del calo del fatturato medio mensile del periodo da marzo a dicembre 2020 rispetto al fatturato medio mensile del 2019, senza pregiudicare la spettanza dei contributi già erogati”.

E’ la proposta avanzata dal Consigliere nazionale dei commercialisti, Gilberto Gelosa, nel corso dell’audizione sul Decreto Sostegni tenutasi oggi presso la Commissioni programmazione economica, bilancio, finanze e tesoro del Senato. Secondo i commercialisti, la proposta consentirebbe di “superare l’erraticità dei criteri adottati con i provvedimenti emergenziali dello scorso anno, realizzando una maggiore equità nell’erogazione dei contributi”. 

Gelosa ha espresso l’apprezzamento dei commercialisti “per l’impegno del nuovo Governo a superare le limitazioni di carattere soggettivo che finora hanno caratterizzato l’erogazione dei contributi a fondo perduto agli operatori economici gravemente colpiti dalla pandemia. Con il Decreto “Sostegni” è finalmente venuta meno la logica del riconoscimento dei “ristori” in base ai codici attività (ATECO) o in base al calo del fatturato realizzato in un solo mese dell’anno rispetto a quello dell’anno precedente, nonché la preclusione nei confronti dei professionisti ordinistici, esclusi sinora dai contributi a fondo perduto, con una scelta che non ha mai pienamente convinto sotto il profilo della sua conformità al principio costituzionale di uguaglianza.

Il decreto-legge Sostegni ha giustamente riconosciuto il contributo a fondo perduto a tutti i titolari di partita IVA, indipendentemente dalla tipologia di attività esercitata, condizionandolo al calo del fatturato e dei corrispettivi realizzato in tutto l’anno 2020 rispetto all’annualità precedente, superando in un colpo solo le principali criticità degli analoghi provvedimenti dello scorso anno”.

I commercialisti sottolineano però come “resti evidentemente un problema legato agli importi dei contributi riconosciuti che risultano, anche in quest’ultimo provvedimento, non sufficienti a ristorare pienamente gli operatori economici delle rilevanti perdite subite per effetto delle gravi ricadute economiche provocate dalla pandemia”. 

Tra le proposte avanzate dai commercialisti anche quella sulla disciplina in materia di società di comodo e in perdita sistematica “al fine – ha spiegato Gelosa – di escluderne l’applicazione per il periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2020 a causa delle gravi ricadute economiche provocate dalla pandemia sulla quasi totalità delle attività economiche esercitate”. La previsione di una disapplicazione della disciplina per la generalità delle attività economiche, senza particolari limitazioni di carattere soggettivo, secondo i commercialisti “non dovrebbe comportare particolari distorsioni in quanto le attività favorite invece dalla pandemia avranno realizzato, con ogni probabilità, ricavi e redditi superiori agli importi minimi presunti dalla normativa in materia, con conseguente inapplicabilità della stessa anche in mancanza della proposta disposizione”.

Altro fronte sul quale i commercialisti chiedono di intervenire è quello della giustizia tributaria.  Per la categoria è necessario intervenire sulla disciplina emergenziale in materia di svolgimento del processo tributario introdotta con l’articolo 27 del decreto-legge 28 ottobre 2020 “vista la ancora scarsa applicazione da parte delle Commissioni tributarie delle modalità di svolgimento delle udienze pubbliche in videoconferenza, nonostante il provvedimento del direttore generale delle finanze abbia approvato le regole tecnico-operative per la partecipazione all’udienza a distanza”.