Cronaca/Giudiziaria/di Redazione
L’entrata in vigore del D.L. n. 44/2021, che impone l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario non poteva per il principio di irretroattivtà della legge disciplinare situazioni pregresse.
Risalgono in data antecedente all’entrata in vigore del Decreto i fatti in oggetto. Un datore di lavoro operante in una RSA aveva sospeso senza retribuzione due addetti con mansioni sanitarie che avevano rifiutato di vaccinarsi contro il CoViD -19. Avverso il provvedimento del datore di lavoro le dipendenti presentavano ricorso cautelare al TAR che ha dato ragione al datore di lavoro con la seguente motivazione:
“Tra i doveri di protezione e sicurezza sui luoghi di lavoro, ricorda il Tribunale, dettati dal Dlgs 81/2008, rientra quello di tutelare i lavoratori da agenti di rischio esterni.
Tale tutela non può più essere data dal semplice uso della mascherina, né il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore ulteriori informazioni sui rischi/benefici della vaccinazione. Se è pur vero che il rifiuto della vaccinazione non può dar adito a provvedimenti di natura disciplinare, può parimenti avere delle conseguenze sul piano della oggettività a svolgere determinate mansioni.
Da qui la valutazione del datore di lavoro di inidoneità a svolgere, causa il pericolo pandemico, l’attività a stretto contatto con anziani e persone oltremodo fragili, appare, secondo il Tribunale di Modena, corretta”.
Il datore di lavoro quale garante:
“Il datore di lavoro – ha affermato – il Tribunale, si pone come garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che per diverse ragioni si trovano all’interno dei locali aziendali e ha quindi l’obbligo di adottare tutte quelle misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori. Se, in conclusione, il datore di lavoro non dispone di mansioni che non prevedano contatti con l’utenza, può decidere di sospendere chi non voglia vaccinarsi”.