Rubriche/di Luigi Mangia
Il piano “Enrico Mattei” del governo di Giorgia Meloni, è semplicemente un manifesto elettorale, ideato e preparato per le elezioni europee. La filosofia del piano è quella degli italiani brava gente, la cui politica coloniale in Africa non fu predatoria come quella di altre potenze europee, come per esempio fu la Francia.
Conosciamo poco e male il colonialismo italiano nel continente africano. Nei manuali di storia ci sono dedicate poche pagine ed è perciò poco studiato. Il Piano Mattei non è stato costruito e progettato con lo sguardo ed il coinvolgimento degli africani, come ha sottolineato il presidente dell’unione africani Moussa Faky, ma con l’interesse preminente dell’Italia e dell’Europa.
Gli obiettivi strategici più significativi del piano sono quelli dell’energia e dell’emigrazione che interessano la Meloni e l’Europa. Della sanità, dell’istruzione, della formazione dei giovani, dei servizi sociali, del rispetto dei diritti in particolare delle donne, non si dice una parola e in particolare non si prevede il finanziamento di 1€ ma solo dichiarazioni di principio. Il piano è una cornice vuota ed è vecchio anche nel linguaggio. Lo slogan è quello vecchio: aiutiamoli a casa loro.
Rimane sempre il rifiuto dell’uomo nero nella stanza, contro il quale si progetta il respingimento. Il fascismo di Benito Mussolini, nella sua propaganda culturale verso l’Africa inventò delle parole nuove molto efficaci per rendere accettabile e amichevole gli africani agli italiani. Nel rinnovamento della lingua, introdusse due parole: le Tripoline e le bengasine, nomi di pasta ancora sul mercato.
Il Piano Mattei perciò non risponde ai grandi cambiamenti culturali e sociali dell’Africa, in particolare dei giovani. L’Africa è il continente dove vive la più grande maggioranza di popolazione giovane, preparata e colta. L’uomo nero da emarginare è letteralmente superato, oggi è l’uomo dello smartphone in grado di competere e di far parte a pieno titolo della cultura più avanzata dell’occidente.