Il Sedile

Frontiere aperte per 42.000 lavoratori stagionali stranieri ma il problema vaccini frena.

Cronaca/di Coldiretti Puglia

Scatta il primo febbraio il click day per l’ingresso di 42mila lavoratori stagionali stranieri che in una buona parte saranno impegnati in agricoltura dove gli occupati a tempo determinato rappresentano il 90% del totale.

Lo rende noto la Coldiretti regionale, nel sottolineare che l’appuntamento per gli stagionali segue quello del 27 gennaio 2022 per l’assunzione di lavoratori non stagionali e lavoratori autonomi secondo quanto fissato dal Decreto flussi 2022 che riguarda complessivamente quasi 70mila lavoratori stranieri. La possibilità di ingresso è importante – sottolinea la Coldiretti Puglia – per salvare i raccolti e garantire con la ripresa dei contagi Covid l’approvvigionamento alimentare in un settore che resta ancora fortemente dipendente dal contributo dei lavoratori stranieri nonostante la crescita di interesse tra gli italiani.

Una necessità – sottolinea la Coldiretti Puglia – per garantire la programmazione di fronte alle crescenti di difficoltà di spostamento tra le frontiere a seguito della pandemia. In questo contesto – sottolinea la Coldiretti Puglia – l’apertura delle frontiere agli stranieri rischia però di essere vanificata dal fatto che molti braccianti provenienti da Paesi extracomunitari non possono lavorare in quanto sono vaccinati con il siero russo Sputnik o con quelli cinesi Sinovac e Sinopharm, che non sono riconosciuti in Italia ed in Europa.

Si tratta soprattutto – ricorda la Coldiretti Puglia – di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese, spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli.

Da mesi è sos manodopera nei campi in Puglia dove per salvare i raccolti, con la campagna olivicola in corso, e cogliere nel settore agroalimentare le opportunità che vengono dalla ripresa economica è importante il decreto flussi in un settore che resta ancora fortemente dipendente dal contributo dei lavoratori stranieri, quando nei campi pugliesi già sono andate perse 30mila giornate di lavoro.

“Un problema grave in una situazione in cui a livello regionale viene ottenuto da mani straniere più di ¼ del Made in Italy a tavola, con oltre 38mila lavoratori stranieri che forniscono il 22,4% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore in Puglia, mentre si registrano fortissime difficoltà a reperire anche la manodopera italiana”, afferma il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia.

Il contributo dei lavoratori immigrati all’agricoltura pugliese è importante nella raccolta dei pomodori, degli asparagi e dei carciofi e nelle stalle sono divenuti insostituibili. In Puglia il maggior numero di extracomunitari hanno nazionalità rumena (51,18%), albanese (13,02%), bulgara (13,11%), marocchina (4,11%) e polacca (3,51%)”.

In questo contesto – aggiunge la Coldiretti Puglia – per sostenere la crescita è necessario garantire la presenza di lavoratori in un settore come quello agricolo dove un prodotto su quattro viene raccolto da mani straniere.

L’approvvigionamento alimentare è assicurato in Puglia grazie al lavoro di oltre 100mila aziende agricole e stalle, più di 5mila imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione tra negozi, supermercati, discount e mercati contadini di Campagna Amica, nonostante le preoccupazioni per la sicurezza, i vincoli, le difficoltà economiche e gli ostacoli oggettivi all’operatività, dalla ridotta disponibilità di manodopera ai blocchi alle frontiere per i trasporti, un  impegno quotidiano senza sosta che è sostenuto anche dalle consegne a domicilio, dall’asporto e da importanti momenti di solidarietà verso i 200mila indigenti.

Ma per salvare le produzioni Made in Italy occorre anche – aggiunge la Coldiretti regionale – dare la possibilità a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani di poter essere impiegati nei campi attraverso una radicale semplificazione del lavoro agricolo. Un provvedimento che interesserebbe almeno 25mila italiani in un momento in cui tanti lavoratori sono in cassa integrazione e le fasce più deboli della popolazione sono in difficoltà.

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