Cronaca/di Redazione
Si arricchisce di una nuova iniziativa l’inchiesta nei confronti della Colacem Galatina per l’ipotesi di reato di getto pericoloso di cose ai danni dell’ambiente.
L’inchiesta si è arricchita nelle scorse settimane di una pec inviata dal Coordinamento civico Ambiente e Salute ad Arpa Puglia oltre che al Sistema nazionale di protezione per l’ambiente e all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
L’inchiesta ha preso il via per verificare il livello di emissioni in una zona del Salento in cui, negli ultimi anni, è stato registrato un aumento di casi di neoplasia. Il fascicolo è coordinato dalla procuratrice aggiunta Elsa Valeria Mignone e dalla sostituta Maria Vallefuoco e si ipotizza il reato di getto pericoloso di cose.
Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente la Colacem Galatina emetterebbe 584mila tonnellate di ossido di carbonio annue e 2mila e 420 tonnellate di ossidi di azoto con un costo dei danni ambientali e sanitari calcolato tra i 37 e 67 milioni di euro. Nel 2019 uno studio coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e condotto dalla Asl di Lecce per indagare sui fattori di rischio per tumore polmonare in Salento, ha confermato l’esistenza di un focolaio tra i 16 Comuni dell’area intorno al sito.
In passato, diverse associazioni del territorio avevano chiesto l’istituzione di un tavolo Vis (Valutazione di impatto sanitario) per avviare uno studio approfondito sugli effetti delle ricadute degli inquinanti emessi dallo stabilimento sull’ambiente e sulla salute della comunità locale. Ora saranno gli accertamenti disposti dalla Procura a stabilire se ci sia effettivamente un nesso tra l’impennata di neoplasie e l’attività del cementificio.