<La satira deve risvegliare la coscienza non deve necessariamente far ridere. A volte è amara>. E’ stato uno dei dei momenti ed una delle frasi più belle e significative con cui Mele Antonio in arte Melanton ha commentato, ricreandole, alcune sue vignette aventi per oggetto dolorose problematiche sociali quali la disoccupazione, la fame la povertà. Seduto su una piccola scrivania, il suo pennarello, i foglietti plastificati posati su una lavagnetta luminosa e la proiezione delle sue creature su uno schermo posto al di sopra del suo capo. La gente, che per l’occasione gremiva il Chiostro del Palazzo della Cultura, teneva gli occhi appiccicati sulle sue mani che con piccoli scatti ritmici e nervosi creavano tratto dopo tratto i personaggi caratteristici delle sue vignette che poi pian piano si materializzavano sullo schermo. Lo seguivano curiosi e sbalorditi come i bambini allorquando vedono il mago togliere il coniglietto dal cilindro e dopo la sopresa e lo sbalordimento applaudono la magia. Allo stesso modo le mani di Melanton creavano magie sullo schermo e la gente dopo la fase dello stupore passava dal sorriso all’applauso, tranne i momenti in cui la sua satira diventava amara. <La mia non è satira politica è satira sociale> ha ripetuto più volte e dal suo pennarello sono usciti fuori i personaggi che hanno animato tutti gli aspetti sociali della sua satira. La evasione fiscale, il fisco, i media, il lavoro, il disagio, anche la politica ma non quella portata al successo da alcuni dei maestri del settore come Staino, Vauro, Forattini. No, per Melanton sono le conseguenze sociali di un certo tipo di politica ad attirare la sua attenzione. Credo che Melanton sia nato per fare satira e non poteva fare null’altro che la satira per quanto l’ha saputa e continua a farla bene. L’ha sempre avuta nel sangue. Ovunque si trovasse ad un certo punto scattava in lui quel tic improvviso e subito l’idea si trasformava in immagine disegnandola su qualunque cosa avesse tra le mani, fosse un pezzetto di carta o un tovagliolo. Ricordo una sera di circa 30 anni fa. Con amici comuni si andò a mangiare una pizza ad Aradeo al Gabbiano. Durante l’attesa tra una chiacchera e l’altra lui prese un tovagliolo e si mise a disegnare. Disegno un gabbiano tipizzandolo alla sua maniera. Naturalmente il tovagliolo utilizzato non era il suo ma quello del compianto Vittorio De Simone il quale commentò laconicamente.<Adesso se uno le deve prendere devo essere io?>. Il proprietario al solo vederlo sprizzò invece felicitàda ogni poro tanto da non smetteva di ringraziarlo. Quel tovagliolo incorniciato fa ancora bella mostra di se appeso nella pizzeria. Questo è Melanton.