Amo il “giallo”, quel colore che ti fa vedere anche se sei lontano, ti fa notare anche se sei lontano, che non puoi non vedere.
Non ci addormenteremo sul “reddito di cittadinanza”.
Vogliamo essere messi alla prova, misurarci con il lavoro.
Vogliamo portare il nostro entusiasmo, il nostro modo di “interpretare” il lavoro. Vogliamo dimostrare che, come con ironia ci accusano, non amiamo vagabondare, abbiamo voglia di sentirci utili, vogliamo avere un posto da “protagonisti” non da “figuranti”.
Abbiamo voglia di sentirci utili, sentirci dire almeno una volta “bravi”.
Mettere al centro del mondo, il “lavoro” è un dovere non più rinviabile.
Il lavoro per chi lo cerca, per chi è stanco di cercarlo, per chi lo ha perso e fa fatica a trovarlo.
Ogni contributo in tal senso, non sia “assistenza” sia orientato al lavoro, sia orientato a dare un segnale positivo, a dare una speranza per l’avvenire.
Far nascere nuove famiglie, nuovi progetti di famiglia, nuove certezze.
E’ bello essere giovani, dedicarsi allo studio o avviarsi al lavoro, fa lo stesso, è sempre bello.
Non toglieteci quella “bellezza” fate di tutto per lasciarcela, lasciarcela vivere, e a chi invece gli è stata rubata fate in modo che gli venga restituita.
Contano poco le “sigle” conta molto chi farà tutte quelle cose che hanno come obbiettivo quello di far tornare in gioco la nostra età, la nostra volontà, la nostra capacità.
E che mai più succeda che un ragazzo della mia età o un’ età qualunque, che ha premiato chi nel suo programma aveva previsto il “reddito” debba trovarsi a condividere provvedimenti di chiara marca “razzista” contrari alla sua storia, alla sua coscienza, alla sua umanità.
Amo il “giallo”, quel colore che ti fa vedere anche se sei lontano, ti fa notare anche se sei lontano, che non puoi non vedere.
Di color giallo è il mio “gilet”.
E’ conservato, imbustato, non usato.
Non mi va di tirarlo fuori.