Un avviso di garanzia equivaleva ad un avviso di colpevolezza. Difficile provare il contrario davanti ad una “piazza” affamata di “giustizialismo”, di giustizia sommaria.
Comunisti e fascisti, uniti a cavalcare quell’ondata per convenienza politica, per un calcolo politico che andava oltre la “coscienza” e rendeva primordiale la lotta politica.
Furono anni bui per la politica e la democrazia nel nostro Paese, anni in cui il fatto di non aver commesso alcun reato non bastava a farti stare tranquillo, sentirti al sicuro.
I partiti tutti, avevano esagerato e nella certezza dell’impunità avevano sconfinato nella corruzione, tanto da farla sembrare normale, quasi legale.
Avvisi di garanzia che arrivavano a mezzo stampa, fatti filtrare con una premeditazione ed una puntualità chirurgica. Per colpire.
25 anni fa un nutrito gruppo di attivisti, divisi più o meno in parti uguali tra fascisti e comunisti, erano lì, ad aspettare Bettino CRAXI all’uscita dell’Hotel RAPHAEL per lanciargli monetine, insultarlo, sputargli addosso.
Io socialista -non craxiano- a provare sdegno per tutto quello che di lì a breve sarebbe uscito fuori ed una profonda amarezza nel vedere uno dei leader più prestigiosi ed importanti del mondo, trattato così.
Da lì a breve sarebbe stato scoperchiato un sistema che nel Parlamento conoscevano tutti, un sistema di tangenti istituzionalizzato, che si aggiungeva al contributo dato ai partiti e che si disse successivamente, venisse utilizzato almeno in parte, per la politica, per la formazione del consenso, la conservazione del potere.
Il resto fu tutto uno spettacolo il cui palcoscenico fu il tribunale di Milano, dove ogni giorno i personaggi più importanti e più influenti della politica, venivano chiamati a deporre.
Bettino fu individuato, per usare un termine “contemporaneo”: il male assoluto.
Morì in esilio contestato e combattuto da chi non aveva titoli morali per farlo, da chi come lui e ancora più di lui, aveva fatto la stessa identica cosa.
Tranne qualcuno che gli rimase fedele sino alla fine, altri preferirono dileguarsi pur sapendo bene che CRAXI aveva rubato anche per loro.
Alcuni “traditori” furono premiati e “utilizzati” per mantenere un riferimento politico a cui storicamente sarebbero rimasti comunque tanti socialisti.
Furono comprati e asserviti per “due denari”. Furono salvati.
La storia ci insegnerà qualche anno dopo che tanti “giustizialisti di comodo” sotto il peso di un loro coinvolgimento giudiziario, diventavano per incanto garantisti.
Il loro posto fu sempre preso da altri che non fecero fatica, come loro prima, a formulare condanne preventive inappellabili.
Non difendo quel sistema marcio e corrotto che tutti conoscevano. Ed il fatto che tutti lo conoscevano, non fa diventare il fatto meno grave.
Condanno solo un metodo brusco e violento che ha portato una sola persona a morire in esilio, l’unico che ha pagato per tutti, per un sistema.
Sarà la storia, prima o poi, a fare giustizia.
Chi però, passando da HAMMAMET, per rispetto o per curiosità avrà voglia di visitare la sua tomba, troverà sempre un garofano rosso poggiato su un libro aperto su cui è scolpita una frase, un pensiero che racchiude la sua storia e la sua fine:
“ la mia libertà equivale alla mia vita “.
Ci sono stato un po’ di anni fa, quando la mia rabbia e la mia delusione, era molto più “fresca” e più sentita.
Mi sono fermato a lungo davanti alla sua tomba a pensare, mi sono commosso, mi sono passate davanti immagini di manifestazioni, congressi, immagini di polvere e di potere.
Quel silenzio fu rotto dal suono di una campanella che un vecchietto con la pelle bruciata dal sole suonava, per farmi capire che il cimitero doveva chiudere.
Mi avviai lentamente verso l’uscita, era quasi sera, il mare fermo, qualche barca che partiva, qualche barca che arrivava in quel porticciolo che sembrava dipinto a mano. Da lì a qualche giorno dopo mi prese, come sempre, un forte desiderio di tornare nel mio Paese.
Un desiderio di tornare alla mia vita, alle mie piccole cose quotidiane.
Respirare il suo profumo, passeggiare sino a tardi in luoghi che di giorno sono sempre affollati e che a quell’ ora fai fatica a riconoscere per quanto sono belli. Incontrare per caso un amico davanti ad un bar, un amico che non vedevo da tempo. Stare lì per ore a parlare di viaggi, di politica, dei figli.
Entrare un attimo nella “mia” Chiesa, sentir parlare la mia lingua, quelle tante voci che ti sembrano familiari.
Emozionarmi in una festa di compleanno, una ricorrenza, il Natale, pregare sulla tomba di persone care.
Starmene seduto su una panchina dei “giardini del centro” a leggere il giornale, pensare, aspettare che il campanile battesse 12 volte e tornarmene a casa.
Tutto questo Bettino CRAXI non poté più farlo.