Rubriche/Economia&Imprese/di Assocalzaturifici
La crisi Covid-19 colpisce duramente il settore calzaturiero italiano che nei primi mesi del 2020 registra un crollo delle esportazioni e dei consumi.
I dati raccolti ed elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici parlano chiaro: a marzo l’exportè calato del -33,7% in quantità e del -30% in valore, mentre sul fronte dei consumi si rileva un calo delle vendite nei primi quattro mesi del -29,7% a volume e del -33,7% in termini di spesa.
Nel primo trimestre, in Puglia, flessione importante sul fronte delle esportazioni (-11% a valore). Il numero di imprese attive produttrici di calzature e componentistica ha registrato un saldo negativo di 8 unità rispetto a dicembre (-1,7%), con la perdita di -12 addetti, dati che ancora ovviamente non registrano gli effetti dell’emergenza Covid-19. Impennata invece, nei primi 5 mesi, nel ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (+1804%): 2 milioni di ore autorizzate contro le 103mila di gennaio-maggio 2019.
Sull’andamento nazionale del comparto interviene Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici:“Questi dati non fanno che confermare le tendenze negative emerse già qualche settimana fa dall’indagine relativa all’impatto dell’emergenza pandemica che abbiamo condotto presso le aziende del comparto in pieno lockdown. Le imprese hanno infatti accusato nel primo trimestre una flessione media del fatturato pari al -38,4% con una perdita complessiva settoriale stimata in 1,7miliardi di euro. Inoltre la cassa integrazione guadagni nel bimestre aprile-maggio ha segnato un aumento complessivo pari al +2437%, 31,5 milioni di ore autorizzate contro 1,2 milioni dello stesso periodo 2019. In soli due mesi, dunque, quasi il quadruplo delle ore concesse nell’intero anno scorso. Una situazione resa critica dal combinato negativo fra l’impossibilità di lavorare durante l’emergenza e la domanda delle famiglie largamente penalizzata dall’interruzione delle vendite fisiche in marzo ed aprile, cui va aggiunta una propensione estremamente cauta della clientela verso gli acquisti.
Per contrastare questa battuta d’arresto abbiamo iniziato un intenso dialogo con le Istituzioni chiedendo in particolare di rafforzare la linea 394. È fondamentale che Simest possa erogare un finanziamento alle aziende italiane che partecipano a manifestazioni internazionali in Italia come MICAM in programma a settembre. E’ necessario avere una quota a fondo perduto di questo finanziamento. Questa sarebbe l’unica vera soluzione per far ripartire le medio-piccole imprese sui mercati internazionali”.
La rilevazione degli acquisti delle famiglie mostra contrazioni generalizzate in tutti i segmenti merceologici, con flessioni superiori al 30% sia in volume che valore rispetto a gennaio-aprile 2019 (eccezion fatta, per il segmento pantofoleria/relax, sceso del -17% in paia e del -16% in spesa) e prezzi medi diminuiti del -5,7%. Mercato Italia in forte frenata, dunque, nonostante la comprensibile crescita degli acquisti online. Secondo Sita Ricerca, infatti, le vendite via web del fashion nel primo quadrimestre sarebbero cresciute del +14% in valore, raggiungendo una quota del 23% sul totale spesa, contro il 13,1% del 2019.
Per quanto riguarda i flussi commerciali internazionali, sono state esportate nei primi 3 mesi dell’anno 52,7 milioni di paia – operazioni di pura commercializzazione incluse – oltre 9 milioni in meno rispetto a gennaio-marzo 2019, per 2,43 miliardi di euro (pari al -14,7% in volume e al -9,2% in valore). Un trend destinato a peggiorare ulteriormente coi dati di aprile, altro mese di prolungata inattività: l’indice mensile Istat della produzione industriale calzaturiera, infatti, ha registrato in aprile un -89,3% dopo il -55,2% di marzo.
Arretramenti prossimi al -20% in volume si sono registrati per l’export delle scarpe con tomaio in pelle o in tessuto (-17,4% entrambe le tipologie sui primi 3 mesi 2019) e per le pantofole (-20,5%). Meno pesante la contrazione per il comparto sintetico (-8,6%), l’unico con un debole segno positivo in valore (+1,2%).
L’analisi per area geografica mostra cali non trascurabili sia intra-UE (considerata da quest’anno a 27 Paesi, dopo l’uscita del Regno Unito) che extra-UE. I flussi verso i mercati comunitari registrano flessioni del -12,6% in volume e del -8,2% a valore; mentre quelli fuori dai confini dell’Unione contrazioni ancora più marcate, del -18,2% in quantità e -10,1% in valore.
Cali generalizzati tra i mercati, con pochissime eccezioni: nelle prime 15 destinazioni cresce in volume solo la Polonia. La Corea del Sud segna un +17,2% in valore, limitando la perdita in quantità a un -2,7%. La Germania, già con trend negativo nel 2019, perde il -6,1% nelle paia e il -3,3% in valore.
Pesanti le flessioni dei flussi verso Cina e Hong Kong (-23% in quantità per entrambe); analoga la riduzione delle paia dirette in CSI (-23,4%). Male gli USA (-15,2%). Superiore al 20% il calo dei volumi esportati verso Svizzera e Francia, ai primi due posti per valore.
Il saldo commercialedei primi 3 mesi, pur rimanendo in attivo per 1 miliardo di euro, si è contratto del -15%.