Rubriche/Opinioni/di Piero D’Errico
Non fa lo stesso effetto, non fa più notizia il fatto che accanto a urla preoccupanti di intolleranza e ostilità nei confronti del “diverso” e soprattutto del “nero” si coltivano in silenzio tanti esempi di solidarietà e di generosità da parte di tante persone che sono l’altra narrazione, la narrazione opposta a quella che fa sentire ogni “diverso” un pericolo, che scambia la “condizione di immigrato” con la sensazione di “pericolosità”.
C’è un’Italia fatta di solidarietà, di generosità, di umanità, un’Italia che aiuta, che si preoccupa degli altri.
Fa effetto vedere in giro di notte, in questi giorni di freddo, associazioni di volontariato e singole persone, che portano coperte o bevande calde a chi ha bisogno, a chi dorme per strada, agli ultimi della fila.
L’Italia di chi crede in certi valori, di chi crede nelle istituzioni e chiama i Vigili del fuoco per dire “grazie per quello che fate” e poi “ mi raccomando, state attenti” ricevendo in cambio altrettante parole d’amore e di ringraziamento.
C’è un’altra Italia che si preoccupa di chi non ha, che non ha paura di chi non è “uguale”, che non odia.
La compostezza degli abitanti di Siracusa che sfilano con gli occhi lucidi, mostrando cartelli con su scritto: LASCIATELI SCENDERE.
Quella scritta su un foglio, nella città di Trieste, in cui si chiede scusa a nome della città perché qualche ora prima un rappresentante delle istituzioni locali, aveva con soddisfazione buttato via le poche cose di un clochard.
Sapete qual’ è la cosa bella, una delle poche che mi fa felice: aver vissuto un periodo così controverso.
E sapete qual’ è la cosa che pur tra centomila, mi dà certezza: non dover chiedere scusa un domani.
Spero non troppo lontano.
Tra cent’anni tutto sarà passato, tutto si sarà assestato, resterà la storia di questo periodo, scritta in migliaia di volumi, che racconterà quanto ora sta accadendo, racconterà la triste storia di questo periodo di “muri e barconi” .
Si racconterà dall’inizio, si racconterà della fame, della miseria, delle guerre, si racconterà ancora dei “bianchi” e dei “neri”.
Si racconterà di una parte del mondo pronta a sbattere in faccia la porta a chi chiede aiuto, e di un’altra parte del mondo pronta ad aprire la sua porta.
So che almeno in una parte di questo mondo, ci sarà spazio per tutti, ci sarà amore tra tutti, un posto dove tutti si aiutano, un posto senza recinti dove nessuno resta indietro e nessuno si sente “diverso”, un posto dove: “ TUTTI I COLORI CONTANO ALLO STESSO MODO”.
Se vi capiterà di passare un giorno da un posto come questo, fermatevi e chiedete di me.
Là ci sarò anch’io.