Tra un centro commerciale e l’altro in mezzo a tanta gente, confusione e musica

Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Il fatto è che non riusciamo più a dare un senso alla domenica o a un giorno festivo, se non lo passiamo in giro di qua e di là per i grandi centri commerciali.
Non ci divertiamo più, abbiamo sempre voglia di guardare, di provare, chiedere taglie e misure, vedere offerte e collezioni.
Stare in mezzo a tanta gente, confusione e musica, fermarci in qualche tavola calda a mangiare qualcosa o in qualche bar a bere qualcosa ma sempre all’interno del centro commerciale.
Ci piace guardare cineserie e griffato, magari vedere le offerte per qualche viaggio magari darci anche una pettinata ai capelli, guardare prezzi, trovare la convenienza.
Ci immergiamo in uno shopping compulsivo, circondati da mille cose che non ci servono.
Poi sul più bello, quando siamo ancora nel camerino a provar gli ultimi capi che forse non indosseremo mai, quella odiosa voce ci dice: avvicinarsi alle casse !!
e ci avvisa che il centro sta per chiudere.
Sono appena le 10 di sera e la domanda nasce spontanea: come mai così presto!!!
Fosse per noi avremmo continuato sino all’alba ma fosse per le commesse e tutti quelli che ci lavorano da chissà quante ore e chissà a quale paga, avrebbero fatto volentieri a meno anche ad aprire.
Siamo prigionieri della così detta “globalizzazione”.
Ci piace così e se malauguratamente il centro commerciale dovesse restare chiuso per un qualunque motivo, studi recenti confermano la possibilità di un notevole aumento di tentativi di suicidio da parte dei clienti più sensibili e affezionati.
Non sapremmo dove andare, che fare, che guardare, che dire.
Siamo “vuoti”.
Non sappiamo più organizzarci, incontrarci, passeggiare, visitare un posto nuovo,
una Chiesa nuova o restaurata da poco, fare un giro nel centro storico di un paesino di una ventina di abitanti.
Senza il centro commerciale, cadremmo in preda alla noia, non avrebbe più alcun senso la nostra vita, non avrebbero più senso le domeniche.
Ed a pensarci ringrazio Dio, che mi ha fatto nascere negli anni in cui la domenica e le feste, avevano ancora un senso, negli anni i cui i grandi centri commerciali, non avevano ancora aggredito la nostra vita, le nostre abitudini, le nostre tradizioni. Tornavamo senza buste della spesa, e tornavamo felici, contenti, avevamo fatto piccole cose, un giro, avevamo parlato, discusso, eravamo stati in piazza, in villa, seduti sotto un monumento, forse in giro per le stradine buie e dissestate del centro storico, dove era facile incontrare un profumo di cucinato che proveniva da qualche casa, sentire piangere un bimbo capriccioso, ascoltare i canti intonati di una Chiesa o ascoltare un ragazzo studiare al alta voce.
Forse sarà interrogato, forse no. Forse andrà bene, forse no.
E mentre questi pensieri ci girano in testa, uniti al dispiacere per un mondo che va in frantumi, non ci sembra vero: Siamo arrivati a casa.
Poggiamo sul pavimento i sacchetti della spesa, forse abbiamo esagerato, o forse risparmiato, forse abbiamo dimenticato di comprare qualcosa di importante, forse qualcosa di particolare, forse essenziale.
Ci penseremo domenica, la domenica che viene , la domenica speciale, passata in giro nel centro commerciale.