di Raimondo Rodia
Sono ancora ebbro di emozioni, che la notte appena passata mi ha regalato a profusione e volevo scrivere alcune righe prima che i tanti pensieri della nuova giornata sfumassero. Ricordo ancora l’incantevole visione dei suoni, colori, odori del giardino, un vero portento per anima e mente, un luogo dove poter mangiare e conversare amabilmente tra amici tra mura possenti di bianco calcarenite salentino ed i tavoli, le pagode in legno amabilmente sparsi del giardino, un vero Eden in terra. Poi Piazza S. Giorgio con le sue logge dove un tempo i mercanti vendevano la loro merce preziosa, il palazzo baronale Granafei con la sua mole per poi scoprire nella penombra della sera tra palazzi e corti antiche, una piccola corte bellissima nella sua austera e nobile semplicità, esaltata daun lontano rumore di canti, in una miscellanea di canzoni popolari salentine, come la struggente ” Arìmo Rindineddha ” che racconta amori lontani, ma forti, in grado di scatenare impulsi emozionali che sconquassano la mente, il cuore e nobilitano l’anima. La scusa per una narrazione, complice con un pubblico indefinito, come sempre avviene dalle nostre parti, il protagonista è quell’ agosto del 1480 con i Turchi ad Otranto, una ferita ancora palpitante e non ancora cicatrizzata dal fiero popolo salentino. Il racconto attraverso vari passaggi, dell’eroina Idrusa, nel romanzo storico, pietra miliare di storia e cultura Salentina, nale a dire l’opera di Maria Corti intitolata ” L’ Ora di Tutti ” che amo visceralmente e che consiglio a tutti di leggere . La storia si dipana tra Angelo, la madre di lui Agata, la fidanzata Fiamma rapita dai turchi, lo zio Edoardo paterno ed accomodante. Nel racconto il fuoco dell’anima per una terra, la nostra, martoriata e derisa, ma capace, forte e maestosa come i suoi ulivi contorti oppure ricca di sapori ed odori difficilmente riscontrabili in altri posti, come quelli dell’albero di fico con i suoi frutti succosi. Come tutte le favole non può mancare l’intreccio magico dato dall’accoppiamento della Sakara ( serpente di terra ) e la Murena ( serpente di mare ), che si intrecciano in un ballo osceno e proibito, che soli pochi uomini possono vedere nelle notti di plenilunio sopra un letto di sale bianco presso una conca vicino al mare. La serata nel grecanico paese di Melpignano volge al termine, tra potenti telescopi che scrutano il cielo limpido. Ma il bello della storia viene quando dopo una notte insonne decido di raggiungere gli amici al mare, in un luogo della marina neretina chiamato il Pizzo dell’Aspide ( noto serpente di terra che uccise con il suo veleno l’affascinante regina d’Egitto Cleopatra ). Qui appena giunto in riva al cristallino mar Ionio, in una conca presso il mare con l’acqua da poco evaporata, faceva bella mostra di sè una Murena ( il serpente di mare ) in un letto di bianco sale giaceva morta, mentre c’era già chi raccontava la presenza della Sakara, giunta forse a piangere la compagna di mille intrecci amorosi proibiti, di notti magiche rischiarate dalla sola luce della luna piena. Intrecci deliziosi di una terra piena di sorprese, ora mentre si sciolgono i pensieri, concludo questo mio racconto, via di nuovo verso nuove avventure, che riempiranno di nuovo il mio cerebro di nuove ed affascinanti storie da raccontare .