Il Sedile

La tutela del diritto alla salute vale per tutti…belli e brutti.

Cronaca/di Saverio Schinzari

Con molta pazienza ma con grande scetticismo, ieri sera mi sono seduto in poltrona per assistere alle solite menate del Menenio Agrippa televisivo, che con tanto di trombe ” strombazzate “per l’etere anticipava

l’invito in trasmissione addirittura del Ministro della Giustizia Bonafede, che rifiutava la partecipazione di fronte a tutta una serie di offese e posizioni strumentali ricevute in passato.

La tecnica è sempre la stessa: avere tre o quattro ospiti che bene o male o tacendo sostengono le sue tesi precostituite, e poi dare addosso al malcapitato, sovrapponendosi e togliendogli di fatto la parola.

E’ quanto era previsto nella sceneggiata alla presenza del presidente delle Camere penali, zittito più volte con il solito accusato, Bonafede. Tema: perché alcuni boss di alta sicurezza, qualcuno con fine pena nel 2021, hanno avuto il differimento pena per problemi gravi di salute.

E dunque dagli all’untore, ad un Bonafede che manderebbe in carcere o scarcererebbe in base ad una sua circolare che altro non era se non una raccomandazione di verifica attenta sulle condizioni di salute ex ante ed ex post dei ristretti, soprattutto in presenza del Covid.

E rivolta ai magistrati di sorveglianza di questa Repubblica. Il diritto alla salute è un diritto sancito dalla Costituzione, ed uguale per tutti, reclusi o cittadini liberi, indipendentemente dalla pena e dai reati commessi. Ai plebei reclusi a spanna non andrebbe concesso nulla, soprattutto a quelli ” pericolosi “, mentre ai non pericolosi ed ex importanti uomini politici, ladri dichiarati e condannati, diventa un diritto la detenzione domiciliare, Formigoni docet.

Ma al nostro Menenio Agrippa questo aspetto non lo sfiora per nulla. C’è da anticipare per chi conosce l’ambiente per averci lavorato, che con la riforma Bindi ed il passaggio della sanità penitenziaria alle ASL, il quadro della tutela della salute dei ristretti è totalmente peggiorata, e molto spesso chi sta dentro, privato della possibilità di scelta, è obbligato ad attese impossibili pari a quelle del cittadino libero per interventi chirurgici o esami strumentali “indifferibili “.

La differenza sta proprio in questo, e mentre il cittadino libero può decidere di ” saltare ” le lunghe liste di attesa e farsi curare velocemente in privato, questo non è possibile per il ristretto. Ospedali ” dedicati ” in toto a costoro non esistono, se non una o due stanze di degenza in alcuni ospedali regionali, né la pletora di specialisti ASL penitenziaria con ore professionali limitate e dedicate a questa popolazione è in grado di risolvere i loro problemi sanitari in maniera spedita laddove occorra.

Una congerie di carte, uno scaricabarile davvero da far rizzare i capelli. Per chi sta male è davvero difficile curarsi in carcere ed intraprende una strada impervia, molto impervia. Ma comunque interviene il Codice penale con le sue norme e la Costituzione che prevedono regolamenti molto semplici, chiari e che sono affidate nella applicazione alla Magistratura di Sorveglianza. No, no, in un garantismo per i soliti noti, peloso, importante è che i “plebei ” pericolosi debbano essere sempre curati intra moenia. Non c’è Aventino che tenga.

E la colpa ? Del solito Bonafede che talvolta come suo diritto produce circolari esplicative. Gran manettaro il nostro Menenio Agrippa a corrente alternata, ma soprattutto gran garantista per gli amici e gli amici degli amici! E’ tutto Vostro onore .

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