L’attesa del giovedì per fare tutto
Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico
Era una abitudine, un rito, un risparmio.
Era “ l’attesa del giovedì” per fare tutto, per uscire, trovare, comprare, incontrare. Strade e circolari che portavano al mercato, piene già sin dalle prime ore del mattino. Insomma il giovedì era come un giorno di festa. Tutta via Liguria da entrambi i lati, poi scendeva ancora sulla “villetta dell’edificio scolastico”, e ancora sulla “villa della stazione”.
Era sparso lì il mercato settimanale. Si trovava di tutto, dai piatti alle scarpe, dal detersivo alla frutta, dalle mutande ai vestiti. E mentre si attraversava, si intrecciavano le voci di chi con slogan, rime o canzoni, cercava di vendere la propria merce.
Che dire poi della contrattazione del prezzo. Se il venditore diceva venti, chi comprava proponeva dieci, poi magari undici, poi dodici e se ancora il venditore non ci stava si salutava e si faceva finta di andare.
A quel punto il venditore che prima aveva detto di no, poteva sciogliersi e allora chiamava la cliente e con gli occhi di chi faceva uno strappo solo per accontentare, incartava e consegnava la merce. A volte era la cliente che tornava e faceva l’offerta più alta convinta che se non era stata chiamata non si poteva proprio fare col prezzo che prima era stato proposto.
La parte popolare del mercato, era dalle parti della stazione, quel tratto passava col nome di “pezze vecche”. Non so da dove arrivavano, erano tutti vestiti usati, ammucchiati sulla baracca.
Per tutto il tempo che andarono di moda le “camicie americane” quel tratto di mercato, fu sempre pieno soprattutto di ragazzi. Qualche bottone da rinforzare, una bella lavata e stirata e sembravamo pure noi “americani” .
L’avevamo già addosso e pronti a rispondere alle domande degli amici che ci chiedevano dove avevamo acquistato quel modello di camicia introvabile nei negozi. Grande fu la gioia quando tra quella montagna di pezze vecche, trovai una camicia dell’esercito americano.
Non mi sembrava vero, sul taschino la scritta US ARMY. Quel giorno non andai a scuola, ricordo che ogni tanto tiravo fuori dalla busta quella camicia per guardarla meglio, era proprio come quella che avevo visto in un film qualche tempo prima.
Mi sono trovato giorni fa , senza volerlo, nel mercato settimanale di una città vicina. Mi son messo a rovistare in quella montagna di pantaloni e camicie, quella montagna di pezze vecche.
Ho trovato una camicia del mio colore preferito, anche la taglia era giusta. Due euro e cinquanta e l’ho comprata. Una bella lavata e stirata ed è la mia preferita.
Non so se è veramente la più bella, forse lo è soltanto per il ricordo lontano di quelle mattine di primavera quando più o meno alle sette e mezza, tra quella montagna di robe vedevo spuntare quella “camicia americana” che cercavo.
Larga, maniche corte, bottoncini al collo e non vedevo l ‘ora di indossarla. Dovevo fare presto, dovevo arrivare a scuola, il sole cominciava a farsi sentire e l’inconfondibile voce di quel ragazzo che invitava a comprare, veniva coperta dal fischio di un treno in partenza, a pochi passi da quella bancarella di pezze vecche.