Cronaca/ di Ordine Agronomi di Lecce
“L’emergenza xylella non può essere affrontata con mezzi ordinari”. È il monito lanciato da Rosario Centonze, presidente dell’Ordine degli agronomi della provincia di Lecce.
“Nonostante la natura e la dimensione del fenomeno siano di estrema eccezionalità, se non di portata storica – sottolinea Centonze – gli strumenti normativi e le strutture della pubblica amministrazione sono rimasti quelli di 20 anni fa. La questione assume caratteri di particolare evidenza nel caso della questione degli espianti degli ulivi morti o gravemente compromessi dall’epidemia”.Va ricordato che la legge 144 del 14 febbraio 1951 vieta l’abbattimento degli alberi di olivo (tutti indistintamente, non solo i monumentali) e resta tuttora la norma che impedisce ai proprietari dei fondi di estirpare le piante infette, “se non dopo complicatissimi passaggi burocratici”, secondo Centonze che rileva come le tempistiche di diversi mesi, se non di anni, siano assolutamente incompatibili con le esigenze imprenditoriali di riconversione dell’attuale assetto colturale.
“Tutte le limitazioni – aggiunge il presidente – che deprimono le potenzialità di impresa devono essere rivalutate attentamente. È indispensabile aiutare in tutti i modi le aziende agricole nella difficile operazione di sopravvivenza, anche in virtù delle scarse risorse pubbliche attualmente erogate o previste per il futuro. È assurdo – commenta Centonze – che di fronte ad una situazione così conclamata di infezione avanzata e diffusa in provincia di Lecce, che è dichiarata tutta zona infetta, le aziende siano represse nelle loro aspettative di competitività da una ridicola burocrazia fine a se stessa. Quest’ultima imporrebbe ai proprietari di dimostrare con saggi e analisi, a proprie spese, che le proprie piante di Cellina o di Ogliarola siano effettivamente infette, anche di fronte ad un quadro sintomatico inconfondibile.A questo punto c’è da chiedersi se vogliamo che nel Salento si faccia agricoltura.
La complessa vincolistica che coinvolge a 360 gradi l’attività agricola, da quella fitosanitaria a quella ambientale e paesaggistica, configura evidentemente una visione riduttiva di protezione dell’ambiente e del ruolo multifunzionale dell’agricoltura. È nota e riconosciuta la capacità dell’agricoltura di sviluppare servizi ambientali e culturali a beneficio della società intera”, evidenzia il presidente.
“Il quadro normativo e politico attuale, però, sembra smarrire una lettura coerente ed organica della problematica, giacché introduce innumerevoli vincoli che si preoccupano principalmente di “cristallizzare” piuttosto che di assecondare un reale sviluppo, che sia in grado di far coesistere in modo sostenibile ambiente, economia e cultura. Bisogna essere chiari e accettare il fatto che qualsiasi inutile ostacolo burocratico si traduce in ultima analisi in costi aggiuntivi per le imprese ed abbandono dell’attività. Se questa è una scelta – conclude Centonze – deve essere apertamente dichiarata, così come bisognerebbe ammettere che vogliamo trasformare il Salento in un giardino pubblico o in un incolto abbandonato a se stesso piuttosto che in un territorio che ha fatto dell’agricoltura e del paesaggio rurale il suo principale tratto identitario”.