Rubriche/di Piero D’Errico
E’ la canzone simbolo della rivoluzione iraniana il cui autore è finito in carcere. Ripresa dai Cold-Play sta attraversando il mondo ed è stata cantata in tutti gli stadi del Qatar.
Un inno alla libertà contro tutte le forme di prepotenza e di arroganza.
Ed io nel mio piccolo, chiedo al mio sindacato, a tutte le istituzioni ed a tutti i livelli, di “continuare a testimoniare” la nostra presenza al fianco delle donne iraniane che continuano a morire per un velo messo male.
Chiedo che come a volte succede, non cali il sipario, chiedo che non prevalga l’idea di doverci “abituare” come in un fatto normale o un fatto che riguarda altri.
Mai stancarsi a ripetere ogni piccolo gesto che dà voce alla loro voce.
E se anche è stato già fatto, non smettiamo di rifarlo, non stanchiamoci di farlo.
“Siate la nostra voce” questo ci chiedono.
Poi penso: “sarà tutto inutile, solo piccoli gesti di cui nessuno si accorgerà.
Gesti isolati, periferici, destinati a non aver alcun effetto.
Solo inutile retorica”.
Poi penso che sono le piccole gocce d’acqua a fare il mare e allora penso valga la pena di provarci.
Succede sempre così.
Mi capita di sentire così tanto questi problemi da identificarmi in essi sino a sentirmi addosso tutte le pene del mondo come se dipendessero da me.
Finisce sempre così e francamente non mi piace.