Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Cosa direbbe ora, quel “vecchio compagno” di mio padre.

Compagno quando essere “comunista” significava avere lo sguardo dall’altra parte dell’ America, significava avere lo sguardo verso l’ Unione Sovietica, copiarne il modello e ad esso ispirarsi come “valori”, ad esso guardare come “posizione politica”.

Quando il PCI era il maggior partito comunista dell’ Europa occidentale  ed era fedele alle direttive dell’ Unione Sovietica.

Penso a cosa ci saremmo detti, lui “comunista filosovietico” ed io ”mai”.

Penso a cosa mi avrebbe detto.

Di sicuro non avrebbe avuto il coraggio di prendere posizione a favore della Russia, non avrebbe approvato tutta la follia che stanno mostrando   al mondo.

Di sicuro ci saremmo detti le stesse cose, saremmo stati dalla stessa parte.

E se mai avesse avuto  ancora qualche traccia dei suoi sogni di un’età giovanile, l’avrebbe irrimediabilmente persa, anzi no buttata via.

Ed io con quali parole gli avrei spiegato che tutti i suoi, e di un ‘intera generazione, sogni erano falsi, erano sbagliati, erano bugiardi e se fossimo rimasti un attimo in silenzio, senza parlare, si sarebbe sicuramente sentito il rumore di tutti quei sogni andati in frantumi.

Sarebbe stato anche lui a  fianco dei tanti giovani pronti a morire per difendere la libertà, la sovranità di un Paese.

Caro pà, ti ricordo troppo bene, non ci sarebbe stato nessun “se” e nessun “ma”, ci saremmo trovati straordinariamente d’accordo, avremmo insieme condannato e basta, avremmo aiutato, ci saremmo presi cura di chi fugge, preso cura di tanti bambini e avrei letto nel tuo sguardo la tua profonda delusione, letto le parole: “ci siamo sbagliati”.

Avrei tenuto tutto per me, per nulla al mondo te lo avrei fatto notare o forse per vendicarmi di tutte le volte che avrei voluto sentir dire da te quelle parole, ti avrei detto con sguardo quasi fiero: avevo ragione io.

Aveva ragione la mia generazione, la generazione che amava l’America,   la generazione cresciuta “Sognando la California” e il “Massachussetts” quella generazione che poggiava dolcemente la puntina di un vecchio giradischi su quel solito disco consumato, per ascoltare in silenzio tutti i suoni della chitarra di Jim Endrix.

Caro pà, ricordo tutti i tuoi racconti di guerra, tu raccontavi ed io seduto su uno sgabello di legno che io stesso avevo costruito, ero lì ad ascoltarti a immaginare, costruire come in un film le scene del tuo racconto.

E nel tuo racconto ho visto la guerra attraverso gli occhi di quel bambino che ero allora, ed era come una favola, era come un gioco, una storia.

Ed ora vedo la guerra attraverso l’immagine straziante di una anziana madre che piange il figlio morto ancora steso sul ciglio della strada.

Lei in un vestito nero, lui in una divisa sporca di terra e di sangue.

E mentre lo abbraccia vede sul viso del figlio appena morto, come l’accenno di un sorriso, come sorridesse, come fosse felice.

Si, suo figlio era felice, felice di essere morto nel difendere la sua terra.