Rubriche/di Piero D’Errico
C’eravamo lasciati su quello scoglio liscio come il marmo dove il gommone, più che fermato, era andato a sbattere in quell’alba rosa che incrociava il celeste del mare all’orizzonte.
Proprio lì mi fermai a guardare, proprio lì mi fermai a pensare.
Erano passati più di otto lunghi anni ma i ricordi erano ancora vivi, erano ancora graffianti, erano ancora taglienti.
Quella notte c’era una stella che dal cielo mi guardava, mi fissava, era più luminosa di tutte le altre e mi inseguì per tutta la traversata.
Mi veniva voglia di gridarle: “grazie perchè illumini il nostro cammino”.
Ma come faceva a sentirmi con quel diavolo di motore che ogni tanto scoppiettando sembrava fermarsi e poi ricominciava a correre come il vento, saltellando sul mare tanto da farci sobbalzare.
Le dissi: grazie.
Per arrivare su questo scoglio liscio, ho attraversato deserti sterminati, ho sofferto la fame e la sete, ma tanto ero già abituata.
Sono stata in un vero e proprio “lager” per giorni e giorni e giorni. Ho visto cose orribili che i miei occhi non dimenticheranno, nel silenzio del mondo che aveva lo sguardo altrove, nel silenzio del mondo che era girato di spalle.
Amo Dio ma in quelle occasioni ho avuto dubbi sulla sua esistenza, sulla sua presenza sino a chiedergli: Dio dove sei !!!
Pochi minuti dopo quella domanda ero in ginocchio a pregare per farmi perdonare e urlare : grazie Dio.
Ci avevano fatto credere che l ‘Italia era la penisola del tesoro, che era tutto facile.
Ho passato mesi della mia vita a preparare carte e fare la fila davanti alla Questura in attesa di un permesso che durava solo pochi mesi, poi si ricominciava.
Non conoscevo la lingua, non conoscevo nessuno e spesso “dovevamo difenderci” da chi proponeva strade più brevi dove lasciare la dignità e l ‘onestà.
Non ho avuto sempre da mangiare.
Poi la mano di Dio ti manda qualcuno, qualcuno che ti offre il suo aiuto e da lì parte una nuova vita, diversa, migliore.
Ti senti forte, hai l’appoggio di qualcuno, di un “bianco” e questo ti basta.
Ti dà coraggio nell’affrontare le cose, nell’affrontare la vita, hai qualcuno a cui chiedere aiuto, qualcuno che conosce il significato profondo della parola umanità.
Ed io, nel mio piccolo, l’ ho capito subito, faccio quel che posso per gli altri, cerco di farlo con la stessa umanità che mi hanno insegnato.
Non finirò mai di dire grazie a lui. Grazie: _ _ _ _ _.
Riesco a mandare qualche soldo ogni tanto alla mia famiglia, quando proprio non possono fare a meno, quando hanno fame.
Forse riuscirò a tornare per qualche giorno al mio Paese.
Manco da quasi nove anni, sarà cambiata qualcosa? Lo spero.
E nel villaggio da cui sono fuggita ci saranno ancora tutti i miei amici, i miei parenti, la gente con cui sono cresciuta?
Mamma si, è ancora là, lei va al mercato tutte le mattine, vende pomodori, vende banane, vende riso. Lo fa da sempre.
Guadagna il necessario, il minimo ma io la supplico di andare sempre, almeno fa qualcosa, almeno ha un interesse che la fa sentire viva.
Qualche anno fa mi sono sposata, ho un figlio, sempre molto impegnato…. a giocare nascosto dietro una montagna di giocattoli.
Qualcuno comprato, tanti regalati da vicini di casa, da bianchi.
Ho sempre rispettato tutti, ho lavorato più di quanto dovevo, a volte il doppio o forse più e mai ho risposto con cattiveria, anche quando le occasioni lo richiedevano.
Ho attraversato e spero superato, le tante difficoltà dell’ inserimento in un altro luogo, in un altro contesto, in un contesto in cui non tutti ti vogliono, in un contesto in cui a volte ti trattano come un “diverso” per il colore della pelle che hai.
Posso dire di avercela fatta nella misura in cui chi viene dall’Africa riesce ad accontentarsi del poco, del poco che basta.
Mi chiedete se, potessi indietro rifarei tutto daccapo?
“Vi rispondo di SI”.
Questa risposta servirà a farvi capire.
In pochi minuti, ho già detto tre volte GRAZIE. Grazie a quella stella, grazie a Dio, grazie a chi mi ha aiutato.
Mi resta l’ultimo grazie e so già a chi gridarlo: Grazie Italia.