Rubriche/di Piero D’Errico
Ho scoperto il mondo a partire dall’estate, a partire dal mare, da quel senso di libertà che solo l’estate riesce a darti, quell’aria aperta , quel cielo con tutte quelle stelle, quel mare calmo con le sue lune di turno che ci sprofondano dentro.
Non mi sentirete mai cantare “l’estate sta finendo” neanche a pochi giorni dalla sua fine, mi mette tristezza, mi mette malinconia.
Il pensiero di dover affrontare un lungo inverno con le sue giornate sempre più brevi e quel filo di rabbia per aver qualcuno inventato il freddo e anche la neve, mi rattrista.
Ormai ho capito, l’estate fa sempre così, quando ti accorgi che è arrivata, è già sparita. Troppo breve.
E’ sempre la solita non cambia mai e delude sempre, almeno un po’.
Mettiamo in fila tante cose e diventa impossibile farle tutte, ci mettiamo dentro troppe cose e non può non essere diversamete, non ce la facciamo proprio a farle tutte.
Ci mettiamo insieme desideri persi nel tempo e desideri appena arrivati.
Sino a qualche tempo fa ci restavo male, ora non più.
E’ ancora troppo presto per sentire “le prime folate di vento fresco” ed è ancora troppo presto per guardare intorno “manifesti un po’ sbiaditi di pubblicità” .
Ho però da dirvi una cosa, brutta per me e bella per voi, con oggi chiudo (forse) anche quest’anno letture sotto l’ombrellone.
Mi perdonerete se lo faccio a ombrelloni ancora aperti, mentre ancora cerchiamo l’ombra ed il vento non riesce a far volare neppure l’ aquilone di un bimbo.
Ho qualcosa di importante, ma non di più importante, su cui devo concentrarmi e dopo correre il rischio di essere felice.
Devo prendermi cura un po’ di me, forse in tutti questi anni, non l’ ho mai fatto abbastanza. Recupereremo il prossimo anno, promesso, magari vi racconterò tutto e mi perdonerete, per ora metto solo le mani avanti, e se riuscirò a conciliare ogni cosa, domenica mi troverete ancora qua.
Grazie per le manifestazioni d’affetto e per l’attaccamento a questo giornale ed a questo appuntamento estivo.
E’ stata un’idea geniale del direttore che io ho portato e porterò avanti sperando d’ averlo fatto e di continuare a farlo nel migliore dei modi.
Con il cuore coperto da quel po’ di fuliggine che il dispiacere spande, solo per ora mi fermo qua, giusto il tempo di concentrarmi un po’ su altro o forse neanche.
Vi saluto, come ogni volta, come sempre, come ogni anno:
Ciao.