Rubriche/di Piero D’Errico
Sono arrivato sulla terra che ancora si rammendavano calzini e calzoni.
Si rivoltavano giacche e cappotti, si cuciva e ricuciva.
Si mettevano toppe di stoffa di un colore non sempre uguale.
La TV ancora non c’era, la domenica si andava in Chiesa e la sera si andava al cinema.
In giro pochissime macchine.
Sono arrivato sulla terra che ancora il centro storico era tutto in originale, abitato ed illuminato da una luce color arancio.
Il centro storico che ancora respirava e diffondeva odori, sapori e profumi.
La domenica, c’erano le “robe” della domenica, lavate, stirate e conservate e noi puliti, pettinati e profumati.
Si andava in Chiesa, la domenica era dedicata al riposo, la sera si usciva per andare sulla villa.
Erano tempi di torte fatte in casa, di marmellate preparate, di marmellate conservate, di vendemmia e di salsa da fare.
Si andava in bici su strade non ancora asfaltate, si giocava per strada sotto un cielo limpido coperto di aquiloni.
C’erano ancora le mezze stagioni, le mezze illusioni, le mezze emozioni.
Il giovedì destinato al mercato, difficile trovare qualcuno in casa. Via Liguria affollatissima, sino alla villa della stazione ed anche tutto intorno all edificio scolastico.
Ti allontanavi un po’ dal paese e sentivi il profumo della campagna arata, della campagna coltivata, della campagna bagnata, profumava di vigneto, di oliveto, di grano appena tagliato.
E poco più in là, verdi e immense distese di tabacco.
Sono arrivato sulla terra che i primi temporali d’inverno, allagavano il rione Italia e le case di chi abitava intorno.
Tanta gente partiva in cerca di lavoro, tornava in estate e poi a Natale, portavano sigarette e cioccolata.
Tutt’intorno quei muri a secco che oramai non si fanno più e quei fichi d’india che nessuno vuole più, ornavano il paese.
Si comprava il ghiaccio a pezzi, si comprava il gelato dal signore che passava con il carretto.
Per l’ acqua si andava alla fontana e spesso c’era la fila.
Ci sembrava diversa la luna, ci sembrava diverso il cielo, l’azzurro del mare, l’azzurro dei sogni.
Tante cose sono cambiate, tante cose sono sparite, tante cose sono finite, tante cose sono tornate.
Sono passati tanti giorni, sono passati tanti anni.
Ma ogni tanto si sveglia la nostralgia, ogni tanto si sveglia la malinconia, ogni tanto si svegliano i ricordi.
Sono ricordi popolari che resistono al tempo che vuole cancellarli, che resistono al vento che vuole portarli via, sono ricordi che restano, che si ritroveranno anche dopo nei racconti di un figlio, di un nipote, di un amico a cui tu un giorno di un po’ di anni fa li hai raccontati.
Seconda parte giovedì.