Il Sedile

Letture sotto l’ombrellone: “Tu raccontagli di me”.

Rubriche/di Piero D’Errico

Gli appuntamenti imprecisi della vita fecero si che un allegro nonno ultra ottantenne incontrasse in uno dei primi giorni di primavera, il nipotino appena nato.

Le solite cose, le solite preoccupazioni, la pappa, la cacca, la nanna e già i primi due anni stavano per andarsene.

Fu proprio intorno a quell’età che, lui ottantenne da poco e il nipotino di appena due anni, cominciarono a legarsi, affezionarsi, passare tempo e giornate insieme.

Fu così che quando il bimbo lo vedeva gli correva incontro, lo abbracciava, gli spettinava i capelli, gli toglieva il cappello. Era felice.

E il nonno non era da meno, era affezionato, attaccato, non passava giorno che non andasse a trovarlo per assicurarsi che  stava bene, che non avesse bisogno di nulla.

Lui in un’età che non ti fa più guardare avanti, non ti fa più guardare a cose da fare che non siano da fare l’indomani o il dopodomani.

Insomma l’età avanzata di una vita vissuta meravigliosamente, un’età in cui la parola fine può essere sempre a portata di mano.

Lui invece quasi due anni, un’età che da grande non ricordi, parole essenziali, le prime che si pronunciano e se non fu la prima fu la seconda che pronunciò “nonno”.

In mezzo un affetto sconvolgente, un amore grande e quando il piccolo era col nonno non gli interessava più nulla, stava bene, andavano in giro, andavano al mare, andavano ai grandi magazzini dove il piccolo sembrava più interessato agli attrezzi di lavoro che ai giocattoli.

Quell’allegro ottantenne da poco, sapeva che di tutto ciò, di tutto quello che facevano insieme nulla sarebbe rimasto nella mente del piccolino. Troppo piccolo per ricordare.

Il nonno sapeva che non avrebbe fatto in tempo a campare sino all’età in cui si cominciano a fissare i ricordi  e quando arrivò il giorno degli strazianti saluti, fece avvicinare la figlia più che poteva e con un filo di  voce gli disse: “raccontagli  di me”.

Poi volò via e di sicuro il suo ultimo pensiero fu per il piccolo.

La figlia attraverso foto e video tenne in vita il nonno ogni santo giorno ed il bimbo era felice, rideva e forse ricordava.

Gli anni passarono in fretta come sempre ed il bimbo era come se fosse pronto ad accogliere ogni ricordo, chiedeva di tutto, cosa facevano, dove andavano, i racconti che il nonno gli raccontava, i racconti che preferiva ed a volte si emozionava.

Non ci volle molto, diventò ragazzo e poi ben presto diventò adulto.

Amava ripetere le parole, le frasi, le battute del nonno che i genitori gli avevano raccontato, amava raccontare di un nonno  che aveva conosciuto in un’età in cui è impossibile ricordare, amava ripetersi quella frase che il nonno, nel racconto dei genitori, gli ripeteva spesso:

FAI DELLA TUA VITA UN CAPOLAVORO.

Io non so se quel bimbo ormai grande, ci sia riuscito o no, so di sicuro che il vero capolavoro lo aveva già fatto.

Era stato far rivivere il suo amato nonno oltre ogni possibile ricordo.

Oltre lo spazio che non consente i ricordi, oltre lo spazio dove i ricordi si perdono, dove i ricordi si arrendono.

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