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Innamorato da sempre dei borghi di piccolissimi comuni, quei borghi con tanti fiori freschi e profumati ai balconi, dove i vicoli si inseguono di quà e di là e l’ acqua del vicino ruscello non smette mai di correre.
Con quel Bar in quel piccolissimo centro del paese, con tanti tavoli all’ aperto e un’età media intorno ai 70 anni più o meno.
Con le serate che si concludono in quella piccola osteria a bere un bicchiere di vino rosso prodotto da vigne coltivate a pochi metri di distanza, e parlare, parlare di tutto, di guerra, di politica, di pallone, di storie di gioventù mai dimenticate, di vecchi amori mai spenti e di vecchi amori già spenti.
Dove tutti si conoscono, dove si scambiano i piatti preparati, dove si chiama la vicina per far assaggiare e dove di tanto in tanto qualche ragazzo o qualche ragazza arriva da fuori a salutare il nonno e la nonna.
Dove OSTERIA è scritta col pennello su un pezzo di legno bruciato dal sole, appeso a un chiodo arrugginito.
Dove la sera si gioca a tre sette.
C’è un signore mai visto in paese, sarà un turista per caso, capitato appunto per caso o forse no, forse ha fatto tanta strada per arrivare sin qua in questo posto magico, in questo posto fantastico dove il tempo si è fermato.
Non parla bene l’italiano ma si fa capire, cerca una delle poche strade che ci sono e tutti, sono tutti in piedi ad indicarla.
Poi lo invitano a sedere, a bere un goccio di vino fresco. Lui accetta ben volentieri e propone un brindisi alla compagnia.
Si presentano, si conoscono, sembra una persona importante, forse un politico, un ambasciatore, uno scrittore, un poeta o un artista. Uno scienziato.
Dopo un po’ lo raggiunge la moglie e anche lei si ferma, si siede a chiudere quel cerchio di sedie, a raccontare anche lei, tanto nessuno ha qualcosa da fare, nessuno ha da correre.
Sono quasi le nove di sera, quando quella anziana donna con il grembiule davanti, comincia a pulire, a mettere in ordine, lavare per terra, mette al loro posto tazze e bicchieri.
C’è in cielo una luna piena che ci spia da dietro quel campanile, quel campanile che batte le ore e in mezzo a quel silenzio si sentono in tutta la valle.
Si alza dalla sedia il primo, mette a posto la sedia, poi uno dietro l’ altro tutti quanti e dopo i saluti e la buona notte ognuno si perde nei vicoli poco illuminati.
Alle spalle il rumore della saracinesca del bar che scivola giù.
Uno sguardo in mezzo a quella vallata con quelle luci lontane di macchine che attraversano quelle strade di campagna sterrate
e poi il silenzio rotto dal rumore di fuochi d’artificio che si alzano in cielo da un paese a quattro passi da noi.
I colori sempre quelli, quelli della natura che ci avvolge intorno.
Avrei voluto scrivere questo finale alla mia vita, l’ho sognato che ero ancora giovane.
Un borgo curato, pulito, dove si conoscono tutti dove si respira aria pulita, dove non c’è il problema del parcheggio.
Avrei voluto concludere così, in un posto da inventare, da scoprire, da amare, dove se un giorno non ti senti tanto bene, ti vengono a trovare quasi tutti gli abitanti del posto.
Vengono a chederti: come stai ?? E tu felice: Grazie – poi ti fermi giusto il tempo per uno starnuto – sto meglio !! –
Ho da sempre sognato un finale in un posto come quello descritto in questo racconto ed ora che potrei mi sembra impossibile realizzarlo. Pazienza….!
E però che diamine, c’è sempre una prossima volta, vero ?
Una seconda occasione da non perdere, da non lasciarsi sfuggire, magari in una prossima vita !.