“Pensavo fosse una virtù ma ho cambiato idea… E voi?”

barboneLettere/ di Piero D’Errico

Galatina – La ricerca disperata di un “video” anche stupido e banale da inviare ad un elenco di amici e parenti “alla pari” . E magari poi commentare stupidamente a voce il contenuto divertente dello stesso video.

La ricerca affannosa di un menù elegante e raffinato, ricco e salutare, leggero e saporito. 

La ricerca senza fine di tovaglioli, posate e calici, in sintonia con i colori della festa. Non  sono ancora tutti seduti e già partono i primi “brindisi”, i primi “cin, cin” che  a sentirli perdi un po’ dell’appetito accumulato per l’occasione.

E trovarsi nel pomeriggio a conservare o buttare, buona parte di quanto non consumato per una mal sopportata “sazietà”. In un angolo della stanza, c’è il presepe, pecore, pastori, qualche ruscello e qualche gallina, in fondo la grotta di Betlemme con la stella cometa in cima.

Quando partono i botti dello spumante già qualcuno si è quasi spento e a seguire anche gli altri. Colpa del vino e dei tanti “brindisi” mezzi dimenticati e mezzi sconclusionati, ma che hanno fatto allegria, hanno fatto festa, hanno fatto compagnia.

La TV parla per fatti suoi, telefoni che squillano , messaggi che arrivano o in partenza.

Quando arriva il caffè ognuno è già alla ricerca del suo cappotto, il letto farà il resto.

Saranno in tanti a rivedersi, nella descrizione di questo racconto,  in uno dei loro giorni di festa, anche se faranno finta di niente.

Nessuno è stato sfiorato dall’idea, così preso da discorsi su politica,  pallone e buon vino rosso, che poco distante qualcun altro non aveva mangiato, qualcun altro non aveva da mangiare.

Nessuno sfiorato dall’idea di aggiungere qualche posto a tavola, invitare un bambino, una famiglia, farli sentire in “casa”almeno un giorno.

Farli mangiare bene almeno un giorno, far sentire intorno un po’ di calore almeno un giorno.

Nessuno, neanche per un attimo, ha avuto un pensiero a chi non ha famiglia, a chi vive in un campo o in  un centro d’accoglienza, chi vive per strada, chi va a mangiare in una mensa per poveri con la stessa gioia di chi va a mangiare in un ristorante.

Affetti tutti da quella malattia contagiosa che si chiama “indifferenza”.

Mai nessuno sfiorato dall’idea di utilizzare quella cameretta chiusa da non si sa più quanti anni, nessuno ha pensato di disfarsi di quei vecchi vestiti appesi da una vita nell’armadio e mai più indossati. Magari per far stare al caldo qualcuno.

Io ho sconfitto la mia “indifferenza”, sono riuscito a sconfiggerla ed ora ogni festa è più bella.

Riesco a fare sempre qualcosa per gli altri, forse poco, forse troppo poco, ma tanto o tanto poco non ha importanza .

Se ognuno riescisse a fare anche poco, tutti insieme faremo tanto.

La malattia dell’indifferenza si può vincere, si deve vincere e se io, che l’indifferenza pensavo fosse una virtù, ho cambiato idea tutti possono farlo, tutti possono cambiare idea.

E urlare quel che oggi urlo io:  Ho vinto.