Eventi/di Eugenio Imbriani
A sessant’anni dalla famosa spedizione in Puglia guidata dal grande etnologo Ernesto de Martino per lo studio del tarantismo, e dalla pubblicazione di una delle sue opere maggiori, Sud e magia, il convegno su “Ernesto de Martino e il folklore”, svoltosi tra Matera e Galatina il 24 e il 25 giugno, organizzato dal
Club per l’Unesco di Galatina con il supporto di numerosi istituti accademici e di ricerca, ha raccolto alcuni tra i più importanti studiosi del settore, italiani e stranieri, per discutere di un tema affascinante quanto problematico e, per certi versi controverso, oltre che di estrema attualità: cosa bisogna intendere oggi per cultura popolare? le domande che de Martino si è posto in proposito restano ancora aperte?
La parola folklore conserva una sua ambiguità di fondo, perché da una parte indica un oggetto di studio, dall’altra la disciplina che se ne occupa; per anni è stata utilizzata per indicare la cultura delle classi povere soprattutto rurali, da qualche tempo si è legata alla cultura di massa e alle politiche della patrimonializzazione. L’uso, il riuso, l’abuso del folklore, tutto ciò costituisce problema e argomento complesso di riflessione.
Ovviamente, è normale per gli studiosi ritornare sui temi nel tempo già affrontati, perché è indispensabile aggiornare l’apparato concettuale di cui si servono per leggere e comprendere la realtà sociale in continua trasformazione; e proprio per questo è necessario cercare nel magazzino delle cose dette e pensate in modo da recuperare criticamente gli stimoli e gli apporti consegnati agli archivi e alle biblioteche. L’opera di Ernesto de Martino si presta a una continua rilettura, per la novità che la sua ricerca ha rappresentato nel clima politico e culturale del secondo dopoguerra, per le vie intraprese e interrotte, per i processi di indagine e di analisi che ha innescato, per la mole di annotazioni pubblicate solo dopo la sua morte prematura.
Secondo de Martino il folklore rappresenta il segno di un limite del pensiero per altri versi trionfante sui terreni della filosofia, dell’arte, della scienza, cioè del pensiero borghese che esclude e tiene ai margini della storia gran parte della popolazione mondiale e le plebi rustiche. Gli arcaismi, le forme di irrazionalismo, la magia, il dispositivo mitico-rituale non dovrebbero sopravvivere in una società tesa all’avanzamento del sapere, un avanzamento, peraltro, tutt’altro che garantito se ha prodotto, in pochi decenni, due guerre mondiali, Hitler, dittature, razzismo e il rischio della fine del mondo; ma il folklore, nel suo complesso, ha costituito anche lo strumento attraverso il quale la gente povera e deprivata (dall’istruzione, dall’igiene, dalla medicina, dai benefici della scienza e della tecnologia) ha potuto interpretare e trasformare la realtà nella quale è vissuta. E adesso? De Martino ha molto insistito sulla necessità di rinchiudere il passato nella sua gabbia, evitare ogni rapporto nostalgico con esso, ma una prassi ricorrente nelle politiche culturali è quella di rincorrerlo e di inventarlo: da questo punto di vista esso non è né vero né falso, è il risultato di una scelta, orientata perlopiù da finalità politiche; e gli intellettuali, a quanto pare, hanno generalmente perduto la capacità di incidere nella società, di dar voce a narrazioni alternative.
Le due giornate di studio sono state dedicate alla memoria di Clara Gallini, antropologa, diretta allieva di Ernesto de Martino, e del regista Luigi Di Gianni, uno degli autori che ha segnato con più forza la stagione del cinema – documentario di ispirazione etnografica. Infine, le due città, luoghi fondativi della ricerca antropologica in Italia: Matera, divenuta da vergogna nazionale, sito UNESCO e Capitale Europea della Cultura per il 2019, e Galatina, fulcro della famosa indagine sul tarantismo e scrigno di inestimabili tesori artistici; soprattutto luoghi in cui la cultura si declina nella sua complessità, laddove se ne intrecciano e confondono gli aspetti materiali e quelli immateriali, i siti monumentali e le storie delle persone.