Il Sedile

Notte prima degli esami: “Raccontami di quell’esame che io non potrò fare”.

Rubriche/PensieriParole/di Piero D’Errico

Sono seduta sul divano, la TV spenta, ho paura di sentire, ho paura di vedere.
Di fronte a me la sorella più grande, quasi otto anni di differenza, in mezzo agli otto anni, mio fratello.
Sono incasinata tra scuola e “virus” in un anno scolastico già finito.

Questo è il mio ultimo anno di liceo, devo sostenere gli esami di maturità, ma non saranno quelli tradizionali e non so ancora come saranno.
In questa sera di aprile, chiuse in casa ad aspettare una buona notizia, una novità, un rimedio che tarda ad arrivare, tra la noia e la tristezza di un momento, raccontami amatissima sorella mia come fu il tuo esame di maturità.

Come fu quell’esame di cui parlano film e canzoni e che io non potrò fare.
“Mia stra-amatissima sorella, leggo nei tuoi occhi un po’ di tristezza per come si sta concludendo quest’anno scolastico.
Purtroppo è successo, hai tempo per tante altre emozioni, hai tempo per tante altre esperienze, per tanti altri esami che la vita ti farà affrontare.

Cara sorella, la maturità non è un esame, la maturità è una tappa, la maturità è una emozione, un traguardo. La maturità è una fine, la maturità è un inizio.

E’ come quando giri l’angolo e davanti ti si apre una strada nuova, un nuovo sentiero, un nuovo passaggio che ti porterà lontano.
La maturità è un ricordo incancellabile, un ricordo di amici, di amiche che rivedrai o anche no, che continuerai a incontrare o incontrerai solo per caso.

E quando arriva quel giorno sei sfinita e quando saluti i professori che ti hanno “esaminato” sei emozionata, hai gli occhi bagnati ma sei felice.
Quel giorno c’era tutta la classe alle mia spalle ed io parlavo, parlavo, parlavo.

Non mi fermai un secondo, risposi su tutto e quel massimo dei voti dopo il mio nome esposto in bacheca qualche giorno dopo, fu la mia vittoria, fu il mio riscatto, la ricompensa a sacrifici e sofferenza.

Ricordo le serate a studiare insieme, le nottate a studiare insieme, i cartoni della pizza da buttare.
Ricordo la paura di non ricordare nulla, e le tante “novità” che incontravo nel ripetere il programma, cose che non avevo mai sentito prima.

Ero stata distratta o forse era solo il troppo odio per la materia.
La maturità racchiude ansia, preoccupazione e fatica, la racchiude dentro la gioia di un nuovo inizio e nella tristezza di un percorso giunto alla fine.
Ricordo ancora come fosse ora l’agitazione di tutta la classe, l’agitazione del mio gruppo, della mia compagnia più affiatata.

C’era quel mio amico che sapeva tutto e quella mia amica che non sapeva niente ed io in mezzo, in mezzo al sapere e il non sapere”.
Sono la sorella più grande, quella che racconta, devo dirvi che parlando parlando, siamo andate nella nostra cameretta e mentre continuo a raccontare siamo già a letto.

Mia sorella più piccola nel suo lettino che ha avvicinato ancora di più al mio, mi guarda e ascolta in silenzio.
“Insomma, la maturità non fu solo un esame, fu paura, fu ansia, fu gioia, fu amore, fu tutto quanto insieme. Fu la prima tappa della mia vita che superai brillantemente.
Cara sorella, dimenticavo di raccontarti la cosa più bella, la più celebrata, dimenticavo di raccontarti la “notte prima degli esami”.

Una serata incantevole, piena di stelle, avevamo chiuso i libri ed eravamo seduti intorno alla fontana al centro della piazza.
Eravamo a poche ore dall’esame di maturità, era tardi ma la voglia di stare ancora insieme era troppo forte. Facevamo fatica a separarci, poi ci abbracciammo ad uno ad uno e poi tutti insieme.

La mattina seguente eravamo pronti, freschi come una rosa.
Se mi chiedi, sorella mia, qualche particolare di quella mattina non mi è difficile descriverlo: ci batteva il cuore. Si, ci batteva forte il cuore”.
Mentre pronunciavo quelle parole, mi girai a guardare mia sorella. Dormiva.
Io no, feci fatica e prima di addormentarmi girai il cuscino dall’altra parte.
Era bagnato, e nei miei occhi ancora qualche lacrima.
Qualche lacrima di nostalgia.

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