Galatina – Tiziano Ferro ci ricordava che l’estate era tornata, sezioni aperte, arredate e ricoperte di manifesti elettorali, macchine che giravano annunciando comizi di questo o quel leader in quella o quell’altra piazza.
In villa sotto lo sguardo severo del “milite” pronto a intervenire con le armi, si alternavano le urla di chi, almeno così si capiva, voleva cambiare il paese, dargli tutto quel che non aveva mai avuto, anche la luna e perché no, anche le stelle. Insomma quasi un anno fa eravamo nel bel mezzo di una campagna elettorale combattuta sino all’ultimo giorno.
Di una cosa eravamo certi, avrebbe vinto la coalizione di centro-destra forse al primo turno o forse no, al secondo se tutto andava male. Ed io tra di loro.
Riuscimmo senza il minimo sforzo, in quella che sembrava una “missione impossibile”, perdere.
Quella missione la potevamo portare a termine soltanto noi. Avevamo tutta l’intellighenzia dalla nostra parte, le più prestigiose lauree conseguite nelle migliori università italiane ed europee.
Stavano dalla nostra parte industriali e artigiani, professionisti di ogni ordine e grado, sindacati.
Insomma non ci mancava nulla, avevamo tutti gli ingredienti per la “vittoria”.
Eppure ci siamo imbattuti in una sconfitta inaspettata che solo per questo potrebbe definirsi epocale, impensabile.
Di tanto in tanto personaggi noti e meno noti, intervenivano a difesa di candidati e partiti, aggiungendo anche loro e anche se la città non ne aveva più bisogno, qualcosa di bello di nuovo, di elettorale.
La coalizione in cui io militavo e con cui spero di aver chiuso tristemente la mia politica attiva, era avvolta da un alone di grandezza che ci faceva sentire già “prescelti”, superiori.
I partiti alle prese con dettagli e schermaglie che riguardavano più il dopo, riguardavano la spartizione del potere.
Intorno a noi un entusiasmo crescente, da riempire quasi sempre tutti gli spazi in cui si tenevano manifestazioni e comizi.
Qualcuno mi spieghi, dopo un anno, come abbiamo fatto, cosa è successo, mi dica senza cadere nella banalità cosa s’è rotto da interrompere con un clamoroso fiasco, la carriera politica appena iniziata del nostro candidato sindaco.
Ma forse non avevano vinto loro, forse avevamo perso noi.
Eravamo sudati e stanchi, c’era chi festeggiava e chi piangeva, chi brindava e chi imprecava.
La città divisa tra chi cercava le cause di una sconfitta e chi commentava una grande vittoria.
Ma se mi fermo a riflettere ancora un po, un motivo forse c’è.
Forse non è piaciuto quel leitmotiv dei Coldplay che ha accompagnato la campagna elettorale. A pensarci bene, ne sono sicuro.
Cantavano VIVA LA VIDA che riascoltato appena dopo la sconfitta sembrava fatto apposta per farci forza, per sollevarci.
Forse per dirci: VIVA LA VIDA, comunque.